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 2011  giugno 22 Mercoledì calendario

“LA POLITICA ROVINA L’APPETITO”

PARODI:
Mentre Michele Santoro ci pensa e Fabio Fazio ha smesso di pensarci, avendo firmato il nuovo contratto con Raitre, Benedetta Parodi lo ha fatto: ha lasciato una grande Tv generalista come Mediaset per La7. Non solo, ha cambiato l’editore dei suoi best seller (Cotto e mangiato e Benvenuti nella mia cucina hanno venduto oltre un milione di copie), passando da Vallardi a Rizzoli, senza cedere al tiepido corteggiamento della Mondadori.
Certo, in termini di contenuti fa sorridere un paragone tra Annozero e Cotto e mangiato, la rubrica di cucina di 90 secondi che la giornalista conduceva al termine di Studio aperto, il Tg di Italia1. Ma se si guarda lo share – 12% quello procurato dalle ricette veloci, in confronto al 5% della media di rete di La7 – si capisce perché la Tv di Telecom abbia fatto alla Parodi «un’offerta irrinunciabile». In poltrona, nell’ottocentesca casa di famiglia sulle colline piemontesi di Carpeneto, con i tre figli Matilde, Eleonora e Diego che le ronzano intorno, è pronta per la prima intervista dopo la sua scelta.

Ha paura del cambiamento?
«A metà. Dopo quasi 15 anni di Mediaset esco di casa. Umanamente è dura. Devo imparare a fidarmi di nuovo, ma cambiare aria mi esalta».
A La7 che condizione ha posto?
«Voglio stare ai fornelli, perché mi rende orgogliosa».
Mediaset ha provato a trattenerla?
«Ci siamo lasciati bene. Visto che volevo continuare a cucinare, anche secondo Mediaset ho fatto la scelta più giusta».
Perché l’ha fatto?
«Volevo più spazio. Se sei abbinata a un Tg è giusto che il tuo ritmo sia serrato. Il programma sarà ugualmente veloce, ma mi sono stufata di fare tutto in un minuto e mezzo».
Tre anni fa, quando è iniziata la sua avventura di cuoca, si era stancata anche di condurre Studio Aperto?
«Posso vivere senza cronaca nera, senza giornalismo d’assalto e non ho mai avuto il fuoco sacro della diretta. Mi sono impegnata al massimo perché sono una perfettina, che ci tiene a fare bene. Ma non ho avuto rimpianti perché non era nel mio Dna».
Fu un passaggio difficile?
«Più per amici e colleghi che mi sconsigliavano di lasciare un Tg per un programma di cucina. Si sbagliavano, questa è la mia strada. E a La7 potrò solo migliorare, lavorerò con maggiore autonomia e avrò tempo per far crescere bene la mia famiglia».
Enrico Mentana, che pochi giorni fa con il Tg di La7 ha stabilito un nuovo record con una media di 2,3 milioni di spettatori e l’11,48% di share, ha detto: «Nel mio telegiornale non parlo di Avetrana, figuriamoci di cucina». L’ha presa male?
«Ha ragione lui. E poi non era una critica a me, ma una sottolineatura dello stile che sta costruendo anche a La7. Quello è un vero successo. E poi Enrico l’ho sentito, è un amico e credo sia felice del mio arrivo».
Entra in una Tv con nomi importanti, Daria Bignardi, Gad Lerner, Lilli Gruber, Maurizio Crozza, e orientata diversamente rispetto a Italia Uno, con Tamarreide e Poker1mania. Teme di essere guardata con diffidenza?
«La7 è una Tv intelligente perché è fatta da persone con la testa. E io cercherò un modo intelligente per proporre quello che so fare. Far parte di una squadra così blasonata può essere solo un vanto per me. E a tavola di politica non si parla, non aiuta l’appetito».
Non le verrà l’ansia da ascolti in una Tv più piccola?
«È mio marito Fabio (Caressa, prima voce di Sky Sport, ndr) che controlla quanto ha fatto di share Cotto e mangiato o che posizione hanno i libri in classifica. L’agonista è lui».
Vi siete confrontati?
«Sempre. Il lavoro è un argomento che ci unisce. Lui ha avuto ancora meno dubbi di me: è il momento giusto per cambiare passo. Non mi spaventano né le crisi di popolarità, né le prestazioni. Questa è una scelta che mi fa stare bene: vedo più opportunità che rischi».
Suo cognato Giorgio Gori, presidente di Magnolia, produce alcuni programmi di cucina e salute, gli ha chiesto consiglio?
«Produrrà anche il mio programma. Ma non perché è un “affare di famiglia”. Per me è stato importante potermi confrontare con lui senza la paura di ricevere un favore. Se Cotto e mangiato non fosse riconosciuto come un buon format, avrei preferito non parlarne. Con Giorgio avrò una garanzia in più di avere qualcosa di indipendente, tagliato su di me».
Toglierà cavi e telecamere dalla cucina di casa sua e andrà in uno studio?
«Non ci penso proprio: la casa fa parte della formula vincente. Come, credo, anche non darsi arie da grande esperta. Sono una donna che lavora e che deve fare da mangiare a tre figli piccoli e un marito, avendo tempi, ingredienti e attenzioni ragionevoli. Siamo tante in queste condizioni e in cerca di solidarietà».
A proposito di bambini: se i suoi a tavola fanno i capricci?
«Non gli piace quello che ho fatto? C’è sempre pane e prosciutto. Se un bambino non ha voglia di finire un piatto di pasta vuol dire che non ha più fame. Sforzarlo è un gesto controproducente per la sua salute. Mangiare meno è meglio che ingozzarsi. Insegnare ai figli a comportarsi a tavola è importante per il loro futuro come imparare l’inglese».
Che cosa non sopporta?
«Lo stuzzicadenti. La scarpetta la faccio anche al ristorante, ma niente forchetta, si fa con la mano».
Ha cambiato anche editore per i suoi libri. Perché?
«Dolorosa anche questa scelta perché Vallardi ha creduto molto nei miei libri e insieme abbiamo fatto un percorso stupefacente. È la legge del mercato: se ti fanno una proposta di valore, come fai a dire di no? Così, a settembre parte il nuovo programma e a ottobre esce il nuovo libro di ricette».
Sua madre era professoressa di Lettere e ha cresciuto tre «scrittori»: sua sorella Cristina ha pubblicato una collana sul galateo moderno, suo fratello Roberto libri di viaggi e motori. Però è lei che è diventata un fenomeno letterario.
«Ed è una cosa quasi ridicola. La spiegazione più facile forse è che a me scrivere è sempre piaciuto. Ho cominciato a battere a macchina da piccolissima: qui in campagna ho i cassetti pieni di racconti. Il mio primo si chiamava Fuga di Sophia Loren, la storia di una bambina che scappava di casa».
Prima di Cotto e mangiato, Cristina aveva la leadership del successo in famiglia. Si è presa una rivincita?
«La solidarietà è stata sempre più forte della competizione. A Cristina invidio gli armadi di vestiti, io ho quelli di pentole».
Non faccia la modesta, i suoi ricettari si sono meritati il rispetto della critica. È stata incensata anche al Salone del libro di Torino.
«Guardi, difficilmente mi sono vergognata come quando l’anno scorso mi hanno scelto per la campagna televisiva della giornata del libro, assieme a due persone serie come Gianrico Carofiglio e Roberto Saviano».
Il successo in che cosa l’ha cambiata?
«Mi ha resa più sicura, che non significa più arrogante. Ora quando mi incazzo parto dall’idea che potrei anche aver ragione io. Così, posso dire qualche “vaffa”. Un lusso che ti puoi permettere solo quando hai fatto qualcosa che ti viene riconosciuto».