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 2011  giugno 24 Venerdì calendario

Come comandare tutto col 3,99% del capitale - «È difficile chiedere ai capponi di votare a favore dell’anticipo del Natale»: così Giulio Tremonti ha recentemente sintetizzato la ragione per la quale la sua politica economica si è dovuta accontentare dei «tagli lineari» alla spesa pubblica anziché procedere a quelli differenziati da caso a caso, in teoria molto più equi

Come comandare tutto col 3,99% del capitale - «È difficile chiedere ai capponi di votare a favore dell’anticipo del Natale»: così Giulio Tremonti ha recentemente sintetizzato la ragione per la quale la sua politica economica si è dovuta accontentare dei «tagli lineari» alla spesa pubblica anziché procedere a quelli differenziati da caso a caso, in teoria molto più equi. La ragione è che nessuna singola amministrazione era disposta ad ammettere di aver più spese da tagliare di un’altra. Anche ai dipendenti della Banca popolare di Milano è difficile chiedere di privarsi volontariamente dei vantaggi di cui godono: livelli retributivi sopra la media del sistema, benefit, protezioni nelle assunzioni per i figli e un mix di altre clausole d’oro che ne fanno da sempre una delle banche «più amate» dai sindacati. Come mai? Semplice: perché sono padroni di se stessi, soci di una cooperativa che, in base al principio «una testa, un voto», all’assemblea sociale esprime solo la volontà degli azionisti che si presentano fisicamente, e cioè appunto solo dei dipendenti-azionisti. I quali, molto bene organizzati a tal fine, nominano consigli d’amministrazioni (e quindi, a cascata, dirigenti)... fatalmente sensibili alle loro esigenze. Un’anomalia? Certamente, perché i dipendenti iscritti all’«Associazione amici della Bpm» sono appena 8.700, e detengono solo il 3,99% del capitale della banca: eppure comandano per tutti! Proprio per questo già nel ’97, poi nel 2008 e ultimamente due mesi fa la Banca d’Italia è intervenuta chiedendo formalmente alla Bpm di correggere almeno un po’ questa situazione. Come? Aumentando da 3 a 5 le deleghe che ciascun socio può raccogliere e presentare in assemblea, in modo da introdurre un elemento di maggior democrazia. Ma è quasi certo che domani l’assemblea straordinaria della Bpm, convocata soprattutto per approvare un aumento di capitale da 1,2 miliardi necessario per rimpolpare il patrimonio, sul punto delle deleghe voterà no. Rispondendo picche alla Banca d’Italia. La cosa non sarà priva di conseguenze. Tanto più se a via Nazionale Fabrizio Saccomanni, attuale direttore generale, dovesse riuscire a succedere a Mario Draghi: Saccomanni ha seguito la situazione, ne conosce l’anomalia e a maggior ragione cercherebbe di sanarla. Destino forse meno segnato per i ribelli di Bpm se, invece, a salire in Bankitalia, fosse l’attuale direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli, meno coinvolto nelle questioni del passato e certo più vicino a Tremonti, che dell’attuale presidente della Bpm Massimo Ponzellini è un buon amico. Ma un fatto è certo: mai i dipendenti-soci della Bpm avevano sfidato così platealmente la Banca d’Italia.