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 2011  giugno 23 Giovedì calendario

DEPUTATI, VITALIZI DA RECORD IL TRIPLO DEI COLLEGHI EUROPEI

Se si domanda ad uno di quegli onorevoli ancora adusi a curarsi il collegio quale sia il principale motivo di sdegno nei confronti dell’intera categoria, la risposta sarà sempre la stessa: più degli stipendi d’oro e dei vari benefit, il primo posto se lo aggiudicano i vitalizi. Cioè le pensioni, più o meno pingui, che ogni parlamentare che abbia timbrato almeno 4 anni, 6 mesi e un giorno di legislatura, si mette in tasca una volta raggiunti i 65 anni. E se si considera che nel Parlamento in carica, circa 300 onorevoli di prima nomina raggiungeranno questo obiettivo nell’ottobre 2012, si capisce bene quanto questo privilegio incida sulla resistenza diffusa tra i peones di ogni ordine e grado a consentire che le Camere siano sciolte per andare a elezioni anticipate.

Ebbene, sfogliando le 33 pagine e gli otto capitoli di un dossier riservato sul trattamento economico dei deputati di Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna e Parlamento Europeo, che i tre questori Colucci e Mazzocchi (Pdl) e Albonetti (Pd) esamineranno con Fini il 4 luglio, la prima cosa che salta all’occhio è che i nostri onorevoli percepiscono un vitalizio all’incirca triplo di quello dei loro colleghi europei. Poi non mancano le differenze su indennità, spese di viaggio, di segreteria, sui portaborse e l’assistenza sanitaria, ma la voce vitalizi spicca sulle altre. E quindi non sorprende che il Pd, dopo aver chiesto alla Camera di produrre questo studio lo scorso settembre, si appresti a proporre un ordine del giorno che impegni l’Ufficio di presidenza a sopprimere dalla prossima legislatura l’istituto del vitalizio. Suscitando prevedibili reazioni ben poco entusiastiche presso gli interessati, messe in conto da Bersani che già ai tempi del congresso batteva il tasto sulla necessità di una «Maastricht dei costi della politica» per combattere «il populismo e la demagogia» uniformando il trattamento dei deputati al resto d’Europa.

Dunque da questa indagine durata mesi nelle capitali europee, condotta sul campo da funzionari che hanno faticato non poco a vincere la tradizionale riservatezza di ogni istituzione nazionale, emerge che il privilegio meno giustificato di cui godono gli «italians» sono proprio i vitalizi. Un diritto che per anni poteva essere maturato dopo appena un giorno di legislatura, ma che ora, dopo la riforma Violante ed una successiva stretta del 2007, viene percepito a 65 anni o al sessantesimo compleanno per chi abbia fatto almeno due legislature. Proprio nel 2007 fu tolta infatti la possibilità di riscattare i periodi vacanti versando i contributi figurativi, lasciando con un palmo di naso tutti quelli entrati a Montecitorio nel 2006 ed usciti nel 2008 con la caduta del governo Prodi. Malgrado ciò, nel bilancio della Camera la voce «fondo vitalizi» pesa e non poco, con un rapporto di «1 a 9» tra contributi versati e spesa corrente.

Sia chiaro, non è che nel resto d’Europa i deputati non godano di privilegi, anche per quel che riguarda i vitalizi e perfino nell’austera Germania. Perché come specifica il dossier - mentre in Italia, Francia e Gran Bretagna è previsto un contributo per il parlamentare in carica, in Germania e nel Parlamento Europeo i deputati non versano nulla. Ovunque il diritto al vitalizio matura tra il 60˚ e il 67˚ anno di età. In Italia, a fronte di un contributo mensile di 1006 euro netti, dopo 5 anni di mandato si maturano 2.486 euro lordi, che diventano 4.973 dopo due legislature e 7.460 con 15 anni di mandato alle spalle. In Francia ad esempio non è previsto un limite minimo di mandato, da nuove disposizioni è previsto un contributo di 787 euro al mese, che in caso di pensione complementare facoltativa sale a 1.181 euro. Ma dopo 5 anni di mandato si ottengono 780 euro al mese, 1.500 dopo 10 anni fino a raggiungere un massimo di 6.300 euro, se si hanno 41 annualità di servizio. I deputati del Bundestag a Berlino non versano alcun contributo e prendono 961 euro dopo 5 anni, 1.917 dopo 10 e 2.883 euro al 15˚ anno. In Gran Bretagna vige il sistema che il questore del Pd Albonetti, incaricato da Bersani di studiare a fondo la pratica, giudica più congruo, perché a contributo variabile corrisponde un assegno mensile differente: versando 374 euro ne ritornano 530 al mese con 5 anni di mandato, che raddoppiano a 1060 con 10 anni e triplicano a 1.590 con 15 anni. Passando da un contributo medio di 501 euro al mese, con rispettive perequazioni del vitalizio, si arriva fino a poter versare 755 euro al mese per averne 794, 1.588 o un massimo di 2.381 euro con 15 anni di mandato. Cifre ben diverse, come si vede, da quelle dei nostri onorevoli che in periferia pesano nel generare malcontento. Al punto che le regioni si stanno muovendo e l’Emilia Romagna ha già deliberato di abolire il vitalizio, visto che anche i consiglieri regionali lo percepiscono. Ma ovviamente solo dalla prossima legislatura.