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 2011  giugno 23 Giovedì calendario

GAMBESTORTE FANGIO IL CAMPIONE AMATO DAI BOX E DA FIDEL

Alle 20.55 di domenica 23 febbraio 1958 nella hall dell´Hotel Lincoln all´Avana, Manuel Uziel si avvicinò a un gruppetto di cinque persone che discutevano di modifiche da apportare a una Maserati per la gara dell´indomani. «Signor Fangio?». Il cinque volte campione del mondo argentino rispose infastidito. «Che vuole?». «Sono del Movimento 26 luglio, deve venire con me» ordinò l´uomo puntandogli una rivoltella alle costole. «Per favore, non mi obblighi a sparare e mi segua».
Ventisette ore - e molte prime pagine dei giornali di tutto il mondo - più tardi, Juan Manuel Fangio fu riconsegnato dai ribelli di Fidel Castro agli uomini dell´ambasciata argentina in un appartamento al 12 di Calle Norte n.12. «Questi sono i miei gentili amici sequestratori» si incaricò di fare le presentazioni Fangio stesso. I rapitori si accomiatarono con infinite scuse e un invito: «Quando la Rivoluzione avrà trionfato, tornerà come nostro ospite d´onore». E così fu: Fangio fu ricevuto dal lider maximo un anno e mezzo dopo. La storia diventò film: Operazione Fangio.
Rapirlo era l´unico modo per non farlo vincere. Il Maestro si ritirò dalle corse, alla bellezza di 47 anni, cinque mesi dopo quel sequestro-lampo, eclatante azione dimostrativa contro il regime di Batista per impedire al campione in carica di essere al via sul Malecòn. Juan Manuel Fangio, del quale si celebra dopodomani il centenario della nascita, due anni prima aveva lasciato la Ferrari perché, si dice, in disaccordo economico col Drake: i due non avevano mai legato, sebbene l´Ingegner Enzo gli avesse concesso anche un meccanico personale, Casani, che dormiva dentro la monoposto di Fangio nei giorni dei gran premi. El Cheuco (gambestorte) sapeva farsi amare dal box: nel ´53, per dire, i meccanici della Maserati scambiarono la notte prima della gara i numeri delle auto per farlo correre su quella, migliore, del compagno di squadra. Ma l´ultima Maserati, nel ´58, non era all´altezza. Se ne era lamentato col capo scuderia Bertocchi: «Se gli ammortizzatori non vanno, montate quelli dell´anno scorso». «Non si può, questi sono sponsorizzati da una ditta olandese». E comprese che quel mondo non era più il suo. Durante il gp di Reims del 6 luglio ‘58, che costò la vita a Luigi Musso su Ferrari, Fangio si ritrovò col pedale della frizione a spasso per l´abitacolo. Si fermò ai box infuriato, lo tirò sui piedi a Bertocchi che però lo convinse a ripartire senza frizione. Alla fine il ferrarista Mike Hawthorn, in testa con un giro di vantaggio, frenò la Dino246 per far passare Fangio sul traguardo e risparmiargli rispettosamente l´onta del doppiaggio. L´argentino scese e sussurrò ai suoi meccanici: «È finita».
Il suo record di 5 mondiali - dal ´51 al ´57 su 4 auto diverse - è durato 46 anni, prima di Michael Schumacher. Ma, aldilà dei paragoni suggestivi quanto impossibili e dell´aura mitologica che circonda quel pioniere spericolato con la faccia sporca e il berretto di pelle al posto del casco, forse non nascerà mai un pilota capace di vincere con la stessa media, praticamente una gara su due: 46%.
Il Demone delle piste era originario della provincia di Chieti e fu chiamato così in omaggio al santo del 24 giugno, Giovanni, e al Re d´Italia, Vittorio Emanuele III. Il nonno era emigrato da Castiglione Messer Marino a fare carbone vegetale a Balcarce mentre papà Loreto era muratore. Juan Manuel a 9 anni era a bottega da un maniscalco e a 12 in un´autofficina, dove imparò a guidare. La prima gara la disputò a 25 anni, adattando il taxi blu del padre di un amico (una Ford 1929), con lo pseudonimo di Rivadavia, il nome della squadra di calcio in cui giocava, per non farsi scoprire dai genitori. Nel ‘40 con una Chevrolet vinta alla lotteria conquistò il Gran Premio del Nord, classica di oltre diecimila chilometri da Buenos Aires a Lima e ritorno scavalcando su mulattiere sterrate per due volte le Ande. Durante la seconda guerra mondiale fece un po´ di soldi con la compravendita di camion e gomme e nel 1949 fu il presidente in persona, Juan Peron, a finanziare il passaggio alla Formula Uno in Europa. A 37 anni. Il suo primo bolide fu l´Alfetta 159, 1479 cm³ di cilindrata e 315 km/h di velocità massima, e con quella vinse il primo Mondiale nel ´51. L´ultimo se lo aggiudicò su Maserati 250F nel ´57 consegnando al mito uno dei gran premi più memorabili della storia quando, in rimonta, inanellò al Nurburgring una sfilza di giri record fino a superare le due Ferrari sul traguardo: «Se non mi fossi scansato - disse Hawthorn - il nonno mi sarebbe passato sopra».
Dopo il ´58 passò la vita a raccattare onoreficenze e vendere Mercedes. L´ultima volta salì su un´auto da corsa nel ´93, due anni prima di morire, con cinque bypass appena operato di tumore alle reni. Era un´Alfetta 159.