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 2011  giugno 22 Mercoledì calendario

IL SECONDO LUNGO DEL CAPOLAVORO DI KLIMT RUBATO DAI NAZISTI, CONTESO IN TRIBUNALE

Dalla Mitteleuropa a Manhattan, dalla Belle Epoque al terzo millennio: inseguito per anni da una donna attraverso due guerre e gli abissi del nazismo. È il viaggio di un quadro. Olio su tela, argento e oro, 1 metro e 40 per 1 metro e 40, «Adele Bloch-Bauer I» , capolavoro di Gustav Klimt, oggi è custodito nel cuore degli Stati Uniti: «Neue Galerie» , 1048 della Quinta Strada, museo dell’arte tedesca e austriaca di New York. La targhetta vicina al ritratto accenna a una storia fuori dell’ordinario. Alla voce «Provenienza» , nell’ordine, elenca: «Adele e Ferdinand Bloch-Bauer, Vienna (acquistato dall’artista)» . Furono i primi e legittimi proprietari. Ebrei. Per questo il quadro venne loro «sequestrato dalla magistratura viennese» (in seguito all’Anschluss nazista, marzo 1938). Hitler voleva distruggere le radici ebraiche, prime fra tutte quelle culturali, nelle società dei Paesi occupati; stabilì che gli ebrei dovessero cedere i loro beni agli «ariani» a prezzi «politici» . È a questo punto che nella genealogia del dipinto compare il nome di Erich Führer, avvocato, definito «amministratore designato dallo Stato per Ferdinand Bloch-Bauer» . Molti pezzi della collezione di quella famiglia passarono dalle sue mani tra gli anni Trenta e Quaranta. Alcuni finirono all’ «Österreichische Galerie Belvedere» di Vienna. Resta un’ultima frase: «Restituito agli eredi di Adele e Ferdinand Bloch-Bauer dalla Repubblica d’Austria» . Ciò che la targhetta non dice è come sia successo. Intorno a questo quadro scorrono la storia del Novecento e quella di una persona non comune. Si chiamava Maria Altmann. Adele Bloch-Bauer era sua zia. La signora Altmann, «donna elegante e meravigliosa» nel ricordo dell’avvocato che l’assistette, è morta il 7 febbraio scorso, all’età di 94 anni. Ne aveva 82 quando citò in giudizio lo Stato austriaco davanti a una corte della California: finalmente, nel 2006, al termine di una lunga battaglia, ottenne la restituzione di cinque Klimt, compreso quel famoso e bellissimo ritratto (che poi ha venduto per 135 milioni di dollari). Sembra un epilogo e invece è il punto di partenza per un viaggio all’indietro nel tempo, a ricomporre memorie di vite oltraggiate, fino all’inizio del XX secolo. È in corso la Secessione viennese: nella raffinata capitale austriaca si sviluppano nuovi stili artistici e i Bloch-Bauer, nella casa di Elisabethstrasse, organizzano serate musicali e ricevimenti famosi in tutta la città. Adele Bloch-Bauer è l’anima di un salotto nel quale fra gli ospiti capita di incontrare Gustav Mahler e Richard Strauss. Nel palazzo risuonano le note dello Stradivari che i Rothschild donarono a Gustav, padre di Adele, grande avvocato e loro amico. La vita può essere dolce: cultura, musica e arte nella Vienna irripetibile dove convivono Freud, Wittgenstein, Musil. E Gustav Klimt, ovviamente. È a lui che il marito di Adele, Ferdinand Bloch Bauer, magnate dello zucchero, commissiona un ritratto della consorte. L’artista lo termina nel 1907, nel pieno di quel «periodo aureo» che ne segna l’opera ai primi del secolo scorso, influenzato anche da due viaggi compiuti a Ravenna nel 1903. Sì, la vita è dolce. Ma quell’epoca si va esaurendo. All’orizzonte c’è la Grande guerra, poi verrà Hitler. Ferdinand Bloch-Bauer, reo di aver appoggiato la resistenza all’Anschluss, sarà costretto a riparare in Svizzera nel 1938: la sua società «arianizzata» , la casa e le collezioni di opere d’arte e porcellane requisite. Anche sua nipote Maria Altmann lascia l’Austria nel 1938. Ha 22 anni, fugge a Liverpool e poi, nel ’ 42, si trasferisce in California. Diventa cittadina americana tre anni più tardi, poco prima che un nuovo mondo cominci a porsi il problema di sanare le ferite che l’hanno sfregiato. Dei casi di opere d’arte sottratte agli ebrei si occupano soprattutto le autorità statunitensi, che stipulano accordi bilaterali con i Paesi liberati e creano una speciale unità dell’esercito incaricata di censire i tesori trafugati: l’idea è rispedirli nei Paesi di provenienza perché siano restituiti ai proprietari o ai loro eredi. Risulterà più complicato del previsto. Molti Paesi, dal 1946 in avanti, rinnovano i loro ordinamenti. Fra questi c’è l’Austria, che al termine della Seconda guerra dichiara prive di valore le transazioni basate sulle leggi naziste. Ma non basta. La galleria Belvedere sostiene che i Klimt sono un dono di Adele Bloch Bauer. Non è esattamente così: il proprietario dei dipinti è Ferdinand, che per iscritto li lascia ai nipoti. Ma per dimostrarlo occorrono anni: la lettera con le sue volontà rimane chiusa in un cassetto del ministero della Cultura austriaco fino al 1998, quando il giornalista investigativo Hubertus Czernin la rende pubblica. Vengono alla luce altre carte. Una, piuttosto imbarazzante per il museo viennese, reca il testo che nel 1941 accompagnava il primo ritratto di Adele: scritto dall’avvocato Führer, si chiudeva con «Heil Hitler» . Non è un caso isolato. Varie opere trafugate da gerarchi e ufficiali del Reich sono state acquisite — magari chiudendo un occhio sulla provenienza— da musei nazionali. Il diritto internazionale prevede che uno Stato sovrano non possa essere giudicato da un suo pari. In cause intentate negli Usa da cittadini certi di poter dimostrare i propri diritti su alcuni pezzi, i governi di Spagna o Austria faranno valere quel principio per dichiararsi esentati rispetto all’attività dei magistrati di un Paese straniero. Così, a oltre 60 anni dai fatti, ci sono vertenze ancora non risolte. Alla fine del gennaio scorso l’ordine degli avvocati dello Stato di New York ha riunito legali ed esperti d’arte per discutere la materia. Domani si replica a Milano con un convegno mondiale (il primo del genere in Italia) organizzato dall’Unione internazionale degli avvocati. Parteciperà fra gli altri Salvatore Filippini La Rosa, avvocato della Flb&Partners, unico italiano invitato anche all’appuntamento di New York: «Sono stati illustrati casi interessanti sia dal punto di vista del diritto sia da quello della storia e persino dei rapporti tra Stati. La causa legata al ritratto di Adele Bloch-Bauer, per esempio, si è risolta quando, di fronte alla Us District Court per il Central District della California, Maria Altmann sostenne la violazione di norme austriache e californiane e, soprattutto, sostenne la giurisdizione della District Court ai sensi del Foreign Sovereign Immunities Act del 1976, una legge che le corti ritennero dovesse applicarsi retroattivamente e che stabilisce la competenza delle corti federali distrettuali rispetto alle cause civili contro Stati stranieri, fissando eccezioni all’immunità di questi ultimi per i casi relativi a proprietà acquistate violando le norme del diritto internazionale» . Adele Bloch-Bauer, la donna del quadro, è morta di meningite nel 1925. Aveva 43 anni. Il suo volto ritratto da Klimt, e la storia di quel dipinto, resteranno per sempre.
Mario Porqueddu