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 2011  giugno 22 Mercoledì calendario

L’AFFONDO DI ARMANI: LA MODA E’ DELLE BANCHE

«La moda è delle banche, della Borsa» . La presentazione della nuova collezione maschile della Giorgio Armani per la prossima primavera/estate si è appena conclusa. I modelli si cambiano nel backstage, il pubblico sciama dal quartier generale dello stilista, in via Bergognone, a Milano. Giorgio Armani incontra i giornalisti: il tema sono gli abiti, ma lui ha voglia di parlare d’altro. È di Borsa che si discute in queste settimane nel mondo della moda, per via delle quotazioni di Prada e Ferragamo, ormai così vicine, e di quelle attese dopo l’estate, come Brunello Cucinelli. «La moda è delle banche, della Borsa, che fanno pressioni perché si parli bene di certe collezioni— attacca lo stilista —. Io invece non dipendo da nessuno, solo dalla creatività mia e dei miei collaboratori. Il mio nome viene pubblicato perché importante, un traino per la moda italiana. Ma se poi certe sfilate sono osannate non per ciò che mostrano, ma per altri motivi, il mio sforzo viene annullato» . Giorgio Armani ce l’ha con quelle che definisce «sfilate show» , sfilate che rendono l’uomo un «fenomeno da baraccone, mancando di rispetto all’intero genere maschile» e il riferimento è alla passerella di Prada, svoltasi domenica scorsa: «Il cattivo gusto che diventa chic, lo chic che rasenta il cattivo gusto. Ciascuno fa la propria strada, magari Prada è geniale, come sono geniali Dolce e Gabbana, però è un gioco che non riesco più a tollerare. Chi indossa davvero le cose che loro propongono? Che senso ha parlare bene di una collezione (e qui il riferimento torna a Prada, ndr) se poi ciò che vende sono soprattutto gli accessori? Io faccio cose che piacciono al pubblico per ciò che sono, per come riescono a rendere bello il corpo, e questo non è un gioco, ma il risultato di un grosso lavoro» . La valorizzazione di 9 miliardi ottenuta per la Borsa da Prada (che nel 2010 ha realizzato 2 miliardi di ricavi consolidati) sta inducendo Armani a un ripensamento circa l’ipotesi, da lui sempre respinta, di quotarsi? Su questo punto Armani risponde secco: «Io non ho debiti, il loro problema è restituire i soldi che le banche hanno sborsato per rendere forte il nome Prada» . Dalla maison guidata da Miuccia Prada e dal marito Patrizio Bertelli non commentano (sono in black period, il periodo in cui gli amministratori non possono fare dichiarazioni né operare sui titoli). I 630 milioni di debiti di Prada Holding — la società di Bertelli e Miuccia, Marina e Alberto Prada che controlla quasi il 95%della quotanda Prada spa — scadono, in una volta sola, a settembre dell’anno prossimo. Prada aveva intrapreso il cammino della Borsa ormai diversi anni fa, salvo poi fermarsi sempre un passo prima di raggiungere il listino. E oggi, che la quotazione sta davvero arrivando— il via il prossimo venerdì— i conti hanno ripreso a girare: l’utile netto del 2010 è stato pari a 250,8 milioni (+150%) e nei primi sei mesi del 2011 di utili ne sono attesi almeno 150,7 milioni. I documenti presentati per Hong Kong possono essere letti come un’indiretta risposta ad Armani: dicono che il ricavato che sarà ottenuto collocando sul mercato il 16,5%delle azioni di Prada spa servirà per il 75%«per espandere il business nei prossimi 12-18 mesi» e il 15%«sarà destinato al pagamento dei debiti bancari» . E la scelta di Prada di quotarsi a Hong Kong? Per Armani «questo è il momento magico dell’Asia, lì va bene la moda eclatante perché serve cultura per apprezzare le sottigliezze. In Asia ci si avvicina alla moda in modo molto naif» . E ancora, tornando al futuro della sua maison: «Ci può essere la Borsa, un’aggregazione di partner, ci sono molti modi per raccogliere soldi— dice Armani— ma io non mi sento ancora pronto ad avere davanti alla mia porta dei manager asiatici: sono rimasto solo per tutta la vita, non intendo rinunciarci ora» . Armani, come ha ricordato anche di recente, ha liquidità in abbondanza: 604 milioni di euro nel bilancio a fine 2010, che si era chiuso con un giro d’affari di 1,6 miliardi.
Daniela Monti
Maria Silvia Sacchi