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 2011  giugno 22 Mercoledì calendario

L’ULTIMO PASTO DEL DINOSAURO. MENU A BASE DI LUCERTOLE — È

L’ULTIMO PASTO DEL DINOSAURO. MENU A BASE DI LUCERTOLE — È vissuto solo pochi giorni ma Scipionyx samniticus, a tutti noto come Ciro, che tredici anni fa, primo dinosauro scoperto in Italia, conquistò la copertina di Nature, torna a far parlare di sé. Sul reperto di Petraroja (Benevento), i paleontologi del Museo di Storia Naturale di Milano, Cristiano Dal Sasso e Simone Maganuco, hanno condotto una vera e propria «paleo-autopsia» . E lo studio, durato cinque anni, con tecnologie avanzate — fotografie a luce ultravioletta, Tac e microscopio elettronico a scansione —, ha consentito di rivelare dettagli anatomici di tessuti molli mai visti prima in un dinosauro. Legamenti intervertebrali, cartilagini articolari nelle ossa delle zampe, muscoli connettivi del collo, parte della trachea, residui dell’esofago, tracce del fegato, vasi sanguigni, un capillare e addirittura i batteri che colonizzavano l’intestino si sono fossilizzati con un dettaglio ineguagliabile.
Il piccolo Scipionyx samniticus, a distanza di 110 milioni di anni, è così in grado di evocare tutto di sé. In una monografia di 300 pagine, corredata da disegni a china di Marco Auditore e da una serie di tavole artistiche donate da alcuni tra i più noti paleoartisti italiani, Ciro viene sezionato. Fino a ricostruire la struttura dell’intestino e a rinvenire i resti delle ultime prede ingerite. «Abbiamo trovato vertebre di pesci simili a sardine, i resti di un rettile ricoperto di squame e la zampa di una lucertola — ha spiegato Dal Sasso — le cui dimensioni ci fanno ipotizzare che Ciro non abbia cacciato le prede, ma che i suoi genitori lo abbiano nutrito con parti di prede cacciate da loro» .
Questo esserino di appena 50 centimetri, dotato di denti lunghi 4 millimetri, aguzzi e taglienti come lame di coltelli, era appena sgusciato fuori da un uovo. «Con la fontanella aperta sul capo come nei cuccioli d’uomo e il ventre ancora gonfio di una piccola riserva di tuorlo» , ebbe appena il tempo di sgranchirsi le gambe e fare i primi pasti. Poi, fu travolto chissà dalla furia di una tempesta, trascinato nel fondo fangoso del mare. E lì, grazie a straordinarie quasi miracolose condizioni fisico-chimiche, i suoi tessuti si sono fossilizzati, «sono stati replicati da cristalli più piccoli di un millesimo di millimetro aggiunge il ricercatore— che ancora oggi ci mostrano strutture cellulari e subcellulari» . Il microscopio elettronico sotto l’attenta regia dell’entomologo e specialista Michele Zilioli, ha messo un luce persino il ferro accumulato nell’emoglobina del sangue del baby dinosauro. Enrico Stanca, della Soprintendenza archeologica di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta, che custodisce il reperto, ha annunciato che è allo studio un progetto espositivo al Nuovo Museo di Benevento per ospitare Ciro.
Commosso fino alle lacrime Giovanni Todèsco, l’appassionato cacciatore di fossili, che trovò Ciro «in quella che all’epoca era la discarica dei rifiuti di Petraroja. Era un sabato di novembre del 1980, una settimana prima del terremoto dell’Irpinia» , ha ricordato ieri. In quel sito c’era un cantiere e Todèsco raccogliendo la pietra che custodiva Ciro, non sapeva che stava consegnando alla storia un piccolo grande monumento.
Paola D’Amico