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 2011  giugno 22 Mercoledì calendario

AGLI INDIANI D’AMERICA SCUSE DA RECORD — È

il più grande risarcimento di un’azione giudiziaria mai intentata dai nativi americani nei confronti del governo Usa. Il giudice distrettuale statunitense Thomas Hogan ha approvato lunedì l’indennizzo record di 3,4 miliardi di dollari che Washington dovrà versare ai suoi indiani d’America per averli «defraudati per oltre un secolo» delle royalty da miliardi di dollari che spettavano loro in cambio dell’utilizzo, da parte del governo federale, delle loro preziose risorse, tra cui petrolio, gas naturali e pascoli per animali. Grazie all’accordo firmato lunedì, 1,5 miliardi di dollari andranno ad almeno 300 mila nativi americani, 1,9 miliardi saranno usati per ricomprare e unificare le terre tribali arbitrariamente frammentate nel corso degli anni e altri 60 milioni di dollari finanzieranno borse di studio per studenti indiani. Dietro alla storica intesa, c’è lo zampino del presidente degli Stati Uniti Barack Obama, da sempre attento ai problemi dei nativi, che ha tenuto a precisare come la risoluzione della disputa fosse «una priorità per la mia amministrazione» . Alla vigilia della corsa alla Casa Bianca del 2012, Obama ha voluto ricalcare le orme di Bill Clinton (che nel 1993 firmò la risoluzione formale di scuse del congresso Usa ai nativi) promettendo di consolidare, adesso, anche l’aspetto territoriale dell’accordo, in modo che i terreni tornino agli indiani d’America «in maniera rapida e onesta» . Una mossa definita «storica» dal suo ministro dell’Interno Ken Salazar, secondo il quale l’accordo non solo pone fine a un contenzioso lungo 15 anni, ma consente altresì di «voltare pagina in modo onorevole e responsabile su un odioso capitolo di storia americana» . A dare inizio al contenzioso, nel 1996, era stata la 65enne Elouise Cobell, membro della tribù dei Piedi Neri di Browning, nel Montana. Non potendo partecipare all’udienza di lunedì in seguito all’asportazione di un tumore, l’ormai leggendaria guru dei nativi Usa ha voluto leggere al telefono un comunicato in cui ha definito l’accordo «storico e senza precedenti» . «Se non fosse stato per la Cobell, oggi non saremmo qui» , ha affermato commosso il giudice Hogan, che ha definito la donna «un’eroina» : «Nella storia moderna, ha contribuito più di ogni altro a tutelare gli interessi degli indiani d’America, mettendo a rischio la propria reputazione e salute» . Anche Dennis Gingold, l’avvocato di Washington che 15 anni fa diede inizio alla battaglia legale, ha affermato che la vittoria «è tutta merito di questa straordinaria donna» , oggi corteggiata da giornalisti e tv. «Senza di lei non saremmo qui» , ha spiegato Gingold che, cedendo alle suppliche della Cobell, accettò di seguire il caso quando nessun altro legale americano era disposto a toccarlo. Ma non tutte le tribù indiane — in una comunità che conta 565 tribù e quasi 5 milioni di individui — hanno applaudito. Oltre una dozzina di membri ha testimoniato lunedì in tribunale contro l’accordo, denunciando le parcelle dei legali, definite «scandalose» . Margie Eder, membro della tribù dei Fort Peck Assiniboine Sioux, ha accusato l’avvocato Gingold e gli altri difensori della Cobell di «rubare alle persone che sostengono di rappresentare» . «Il Signore ti redarguisce — ha tuonato la Eder rivolta a Gingold — perché vuoi riempirti le tasche, sottraendo ad altri ciò che non ti appartiene» . Nessuno è sembrato credere a Gingold quando il legale ha giurato di «non aver percepito un centesimo da anni» . La frustrazione delle tribù è comprensibile. Mentre centinaia di migliaia di indiani riceveranno dal governo solo 1.000 dollari ciascuno, la Cobell avrà un risarcimento individuale di 2 milioni di dollari e al suo team di legali andranno 99 milioni, una cifra ritenuta da molti eccessiva. Ad altri tre querelanti è stata accordata una cifra compresa tra i 150.000 e i 200.000 dollari a testa. Lunedì il giudice ha ricordato le migliaia di potenziali beneficiari dello storico accordo «tagliati fuori perché deceduti» .
Alessandra Farkas