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 2011  giugno 22 Mercoledì calendario

DA TRIPOLI A BENGASI IL REBUS DELLE TRIBU’ VERA INCOGNITA DEL DOPO-GHEDDAFI

Ormai è diventato un mantra. La Libia è fatta di tribù. Oggi il Consiglio transitorio creato in opposizione a Gheddafi viene riconosciuto come autorità nazionale da una serie di Paesi inclusa l’Italia. Eppure, con il regime giunto al canto del cigno, il ruolo delle tribù rimane una delle fondamentali incognite del dopo-Gheddafi. Esiste la possibilità di tensioni tribali nel futuro del Paese? Le tribù sono una minaccia per la creazione di una nuova Libia? Cos’è esattamente il tribalismo libico? Sia il regime che i suoi oppositori hanno fornito le loro risposte a questi quesiti. Saif Al Islam, figlio di un leader che si è sempre presentato come unico collante di un Paese diviso in tribù, ha più volte ribadito che l’unica alternativa al governo di Tripoli è la guerriglia tribale. Il Consiglio transitorio di Bengasi, d’altro canto, ha accusato il regime di sventolare lo spauracchio del tribalismo come strumento di potere promuovendo una serie di dichiarazioni in cui i leader tribali esprimono le loro aspirazioni nazionali. In una di queste, firmata da sessantuno capi tribù, il Consiglio ha spiegato che «l’opposizione ancestrale tra tribù» è un mito nutrito da Gheddafi. Tripoli dichiara che il tribalismo è una minaccia, mentre Bengasi rassicura che le divisioni tribali sono una realtà esacerbata in mito. A chi credere? Anche se nel corso degli anni Gheddafi ha esagerato l’importanza delle divisioni come giustificazione di potere, il tribalismo non è solo un artificio retorico, ma una realtà con cui sia Tripo- li che Bengasi stanno oggi facendo i conti. Gheddafi serra i ranghi del suo consenso tribale organizzando continui incontri nella capitale, ma anche i suoi oppositori sembrano tenere le dinamiche tribali in considerazione. Persino la scelta del Consiglio di nominare Mahmud Jibril primo ministro ad interim sembra essere stata presa tenendo presente, tra le altre cose, che questi appartiene ai Warfallah, un importante gruppo tribale che sin dagli anni Novanta ha maturato screzi con il governo. Questo il paradosso della rivoluzione libica: pur dichiarando intenti nazionali, i poteri che si contendono la Libia combattono con armi tribali. Per capire perché l’enigma è solo apparente bisogna contestualizzare il tribalismo libico. In Libia i legami tribali sono importanti, ma anche flessibili: proprio per questo Gheddafi, membro di una tribù storicamente minore, ha potuto prendere il potere nel 1969. Molte tribù libiche non sono entità geograficamente omogenee, ma network di persone che vivono a grande distanza le une dalle altre che spesso non conoscono l’identità dei loro stessi capi tribù. Capire questa elasticità è importante non solo per chiarire che il rischio della guerriglia tribale è minore di quanto il regime voglia far credere, ma anche per comprendere che nelle menti di molti libici appartenenza tribale e identità nazionale non sono in contraddizione. I libici (soprattutto la gioventù urbanizzata nata sotto il regime) guardano alla Libia come a un Paese con una specifica storia nazionale radicata in un preciso passato di lotta anti-coloniale. Persino quei libici che per supplire alla mancanza di società civile creata da quarant’anni di dittatura si appoggiano ai legami tribali descrivono la Libia come una nazione e non come un conglomerato di tribù. Esiste un’identità nazionale libica. Oggi in Libia molti combattono con un’idea di nazione in mente, e ne vorranno una quando la guerra sarà finita; è improbabile che un gruppo di leader tribali si azzardi ad assumere il potere politico senza tenere in conto questo fattore. Le tribù continueranno ad avere un ruolo nella Libia di domani. Ma il fatto che le forze anti-Gheddafi stiano cercando un consenso tribale non deve indurre a pensare che la Libia del dopo regime sarà necessariamente uno Stato che nasconde un inguaribile tribalismo sotto la cosmetica di una nazione. Il tribalismo libico è un’entità sofisticata. Il conflitto libico non è una scaramuccia tra tribù, ma una rivoluzione nazionale combattuta con mezzi tribali.
Igor Cherstich
Antropologo culturale