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 2011  giugno 22 Mercoledì calendario

Perché Moody’s diffida dell’Italia? - Moody’s ha messo sotto osservazione il rating dell’Italia, poi delle aziende partecipate dallo Stato e infine di alcuni enti pubblici

Perché Moody’s diffida dell’Italia? - Moody’s ha messo sotto osservazione il rating dell’Italia, poi delle aziende partecipate dallo Stato e infine di alcuni enti pubblici. Cosa succede? In realtà si tratta della stessa decisione. Venerdì scorso l’agenzia ha messo sotto osservazione il rating del debito sovrano dell’Italia, classificato Aa2. Di conseguenza ha dovuto farlo con le partecipate dallo Stato (lunedì), e ieri con gli enti locali: le province autonome di Trento e Bolzano con le regioni Basilicata, Emilia- Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto. Le province di Arezzo, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Torino con i comuni di Bologna, Firenze, Milano, Siena, Venezia. Ancora, la Cassa del Trentino Spa e Finlombarda Spa (parecipate da provincia di Trento e Regione Lombardia). Questo perché enti e società controllate da uno Stato non possono avere un rating superiore a quello dei Paese che le controlla, i bilanci sono interconnessi strettamente. Cosa significa rating? E cosa significa metterlo «sotto osservazione»? Rating significa giudizio. Le agenzie esprimono il loro parere sull’affidabilità del debito (che sia emesso da un’azienda o da un paese), cioè sulle possibilità che sia rimborsato. Chi è considerato più sicuro ha il rating Aaa, quanto un Paese . Mettere il rating sotto osservazione, invece, significa avvertire il Paese (o l’azienda) che se i conti dovessero peggiorare - per esempio perché il governo decide per una manovra meno severa sui conti pubblici -, il giudizio potrebbe essere abbassato al livello inferiore. È così fondamentale il giudizio di un’agenzia? Ha un valore importante, perché dai rating dipende il costo del denaro che il Paese può spuntare alle aste dei titoli di Stato. A un rating basso, cioè una affidabilità minore, corrispondono tassi di interesse più alti. Vale per tutti l’esempio di questi giorni della Grecia: in quel caso gli interessi sono diventati così alti che Atene non può più rivolgersi al mercato per chiedere prestiti. Non sarebbe in grado sostenere costi così alti. Ma in Italia non è successo nulla: perché tanta severità? è vero che in Italia non è successo nulla, dal punto di vista dei conti pubblici. E infatti Moody’s ha messo sotto osservazione il rating in vista di quel che potrebbe succedere. C’è chi ha interpretato la decisione di venerdì come un monito alle forze di governo prima dell’appuntamento leghista di Pontida. Far cadere il governo - questo sarebbe stato il messaggio - o cedere alle tentazioni di manovre economiche pensate per raccogliere consenso (per esempio un abbassamento delle tasse) potrebbe mettere a rischio la stabilità dei conti italiani. Con un debito vicino al 120% del Pil non è possibile nessuno sgravio che non sia completamente finanziato. E’ ciò che dice anche il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, quando sostiene che sono possibili solo riforme e sgravi «a costo zero». D’altro canto, dopo la crisi dei mutui subprime, le agenzie di rating - che avevano tenuto alto il giudizio sul società poi fallite - furono accusate di eccessiva indulgenza. Come si può essere sicuri che questi giudizi siano imparziali? Questa sicurezza, ovviamente, non c’è. Le agenzie sono controllate da grandi investitori finanziari, dunque da soggetti interessati dalle fluttuazioni del mercato. Qualche mese fa la decisione di Standard&Poor’s di declassare il debito greco appena qualche ora prima della pubblicazione del piano di tagli del governo di Atene fu duramente criticata da più parti. Cosa pensano le altre agenzie dell’Italia? Giusto ieri Fitch ha fatto sapere che non giudica a rischio il rating italiano neppure nell’ipotesi di un cambio di governo. L’essenziale è che sia mantenuta la politica del rigore: non si può aumentare il deficit, cioè la differenza tra quanto lo Stato italiano spende e quanto incassa. Ora cosa cambia per le partecipate e per gli enti locali? Finché non ci sarà un declassamento vero non succede nulla. Se ci fosse, sia per lo Stato che per le sue partecipate che per gli enti locali diventerebbe via via più costoso far ricorso alle obbligazioni per pagare pensioni (nel caso dello Stato), servizi sanitari (nel caso delle Regione) e per far riparare le strade (nel caso dei Comuni, ma si tratta solo di tre esempi). Quando riuscirà l’Italia a uscire dall’osservazione? Per esempio, approvando la manovra - pare che debba arrivare a 40 miliardi - di correzione dei conti pubblici rapidamente e mostrando che il rigore non è tramontato. A quel punto, stabilizzato il rating sul debito sovrano, anche gli altri torneranno in area positiva.