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 2011  giugno 22 Mercoledì calendario

“So al 93% cosa farete: siete tutti prevedibili” - Siamo prevedibili. Così banali da far ghignare di gioia gli spioni che controllano ogni nostro movimento e decisione, lungo un’infinita scia di foto, video, tracce fisiche ed elettroniche

“So al 93% cosa farete: siete tutti prevedibili” - Siamo prevedibili. Così banali da far ghignare di gioia gli spioni che controllano ogni nostro movimento e decisione, lungo un’infinita scia di foto, video, tracce fisiche ed elettroniche. Ed è proprio l’universo della sorveglianza 24 ore su 24 e dei social networks, a cui entusiasticamente ci abbandoniamo, a erigere oggi il più mastodontico archivio dei comportamenti individuali e collettivi: esplorando i suoi segreti e saccheggiandone i dati, un fisico della Northeastern University, AlbertLászló Barabási, sta costruendo la sua teoria, affascinante e controversa. E’ convinto che le azioni umane si muovano lungo modelli decifrabili (e dunque prevedibili) e ha cercato di dimostrarlo con un saggio, «Lampi», nel quale annoda e riannoda il presente e il passato ed eventi in apparenza scollegati, come l’era dei cellulari e della mobilità compulsiva con l’epoca delle rivolte contadine nell’Ungheria del XVI secolo. Professore, la «network theory» la teoria delle reti - ipotizza che viviamo e agiamo attraverso una serie di «bursts», lampi di frenetica attività inframmezzati a lunghi periodi di calma e perfino di passività: è solo colpa di una malaccorta gestione del tempo che non ci basta mai o ci sono anche ragioni biologiche e genetiche? «In realtà questo tipo di comportamento si può osservare in un vasto campione di sistemi, compresi i processi che hanno luogo all’interno delle nostre cellule. E anche la stessa attività dei geni segue il modello dei “lampi”. Questo, però, non significa che ci siano delle ragioni note di tipo genetico. E’ probabile che il motivo principale dei “bursts” sia legato al modo con cui prendiamo le decisioni e le distribuiamo nel tempo, vista la quantità di compiti che dobbiamo affrontare in contemporanea». Lei pensa che e-mails e social networks stiano trasformandoci? Siamo oggi più scontati di quanto non fossimo nel passato, nelle epoche pre-high tech? «Sotto certo aspetti le e-mails, il social networking e i cellulari, in effetti, ci cambiano. E tuttavia non ci rendono più prevedibili. Grazie a questi strumenti elettronici, semmai, le nostre azioni diventano più semplici da seguire e da misurare e in alcuni casi la precisione di queste analisi può essere sorprendentemente alta». Un esempio? «Si è scoperto che i nostri modelli di mobilità presentano un 93% di prevedibilità: significa che diventa possibile scrivere un software che predica i nostri futuri spostamenti con un livello di precisione pari a 93 su 100». Se siamo così «trasparenti», quali trucchi ci restano per sfuggire alla «società della sorveglianza» che minaccia di comprimere la nostra libertà e il diritto alla privacy? «Abbiamo sempre la libertà di cambiare i nostri comportamenti, anche in modo drastico, ma la verità è che lo facciamo di rado. Almeno in linea teorica tutti possiamo abbandonare il lavoro e cambiare casa, cominciando da zero uno stile di vita libertario e anarchico. Poche persone, però, scelgono di farlo davvero. La maggior parte di noi è intrappolato sia nel tempo sia nello spazio: non è pensabile aprire un nuovo business a mezzanotte, se i clienti vogliono venire a mezzogiorno. Significa che siamo costretti a seguire modelli preordinati e conformisti». Ma come pensa di riuscire a combinare questa prevedibilità degli individui con le continue sorprese dei comportamenti sociali e degli eventi collettivi? La storia è molto meno scontata di quanto lei non suggerisca. «I processi storici rappresentano la somma di milioni di scelte individuali e, quindi, è perfettamente logico che le diverse componenti possano essere prevedibili, mentre il sistema - nel suo complesso - risulta più difficile da studiare. Le leggi di Newton, per esempio, forniscono la traiettoria delle molecole in un gas e, tuttavia, è impossibile prevedere quella di trilioni di particelle, senza dimenticare che si deve tenere conto di una serie di altri elementi come la temperatura, la pressione o la viscosità. Ecco, quindi, dove si colloca la sfida scientifica: come sia possibile innalzarsi dalle azioni di miliardi di singole persone fino alla società nella sua globalità. Al momento non abbiamo ancora una risposta, ma è proprio questo il “Santo Graal” della complessità». Nel libro lei ha raccolto una serie di esempi delle «power laws» - le leggi di potenza - che ci governano (o ci governerebbero), dall’irregolare corrispondenza di Albert Einstein alle disavventure di un artista americano con l’Fbi: crede di poter estendere queste invisibili linee al futuro prossimo e di tentare qualche previsione sull’evoluzione di una serie di tendenze attuali, dalle mode alla finanza? «Le “power laws”, di per sé, non sono uno strumento di previsione, perché, in realtà, rappresentano una caratteristica dei nostri comportamenti. E c’è da aggiungere che queste leggi sono piuttosto stabili e costanti nel tempo: erano le stesse un decennio fa e ritengo che persisteranno invariate anche nel futuro. Questa è già - essa stessa - una previsione: è proprio la permanenza delle leggi che caratterizzano i sistemi complessi, come la nostra società». Lei scrive che non siamo altro che «robots sognanti»: non lo trova un giudizio inquietante? «I nostri sogni sono liberi di fluire. Sono le nostre azioni a essere profondamente prevedibili».