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 2011  giugno 22 Mercoledì calendario

Ciro, il dinosauro in bottiglia - Il primo dinosauro scoperto in Italia è quello meglio conservato al mondo

Ciro, il dinosauro in bottiglia - Il primo dinosauro scoperto in Italia è quello meglio conservato al mondo. Non solo lo scheletro è intatto dalla testa alla coda, comprese le ossa più piccole che raramente si preservano, ma denti e artigli sono ancora perfetti. Si sono fossilizzati in modo eccezionale anche organi interni e tessuti molli, mai visti in precedenza, né in un dinosauro né in altri vertebrati dell’era mesozoica: fegato, esofago, intestino, trachea, vasi sanguigni, capillari, muscoli. Addirittura, la flora batterica e le feci sono rimaste dov’erano 110 milioni di anni fa. «Ciro», il cucciolo di Scipionyx samniticus riportato alla luce nel 1980 nei pressi di Pietraroja (Benevento), ha lasciato sbalorditi gli scienziati che l’hanno analizzato. È stata una vera e propria «paleo-autopsia», durata cinque anni e seguita con le più innovative tecniche, quali fotografia in luce ultravioletta, TAC, microscopia elettronica a scansione. «Ora sappiamo che vita faceva Ciro, di chi era parente, che cosa mangiava, persino in che quantità e ordine ha ingerito le prede prima di morire», racconta Cristiano Dal Sasso, il paleontologo che insieme con Simone Maganuco ha riesaminato il fossile in ogni minimo dettaglio. «È stupefacente la quantità di informazioni ricavate da un solo, così piccolo essere, che, fossilizzando, ha consegnato all’eternità i pochi attimi della sua breve vita e fornito uno spaccato preistorico senza pari». Corpicino esile Le novità sono tante e tali da riempire una monografia di quasi 300 pagine, presentata a Milano al Museo di Storia Naturale, dove operano i due paleontologi. Ciro era neonato: aveva la fontanella fronto-parietale ancora aperta, come i nostri bebè. «Nella pancia abbiamo trovato una cavità che probabilmente ospitava il sacco del tuorlo, riserva di nutrimento dei pulcini». Le piccole dimensioni, 50 centimetri di lunghezza, il corpicino esile, appena 200 grammi, e le strane proporzioni, con gli occhi grandi e il muso corto, confermano che l’animale morì in tenerissima età, pochi giorni dopo la nascita. Se fosse cresciuto non sarebbe comunque diventato un gigante: due metri e mezzo al massimo. Di certo, non fu la fame a uccidere il baby-dinosauro. Ciro contiene resti di cibo, la cui posizione è rimasta inalterata lungo il tubo digerente. Sembra incredibile dopo 110 milioni di anni, e lo è. In corrispondenza dello stomaco i ricercatori hanno trovato una zampa di lucertola. «Troppo grande perché sia riuscito a procurarsela da solo - ipotizza Dal Sasso -. Riteniamo che siano stati i genitori a catturare le prede e smembrarle per lui». Se colpisce immaginare mamma e papà dinosauro nutrire il piccolino, lascia increduli che lo svezzamento comprendeva non solo rettili, ma anche pesci. «Nell’ultimo tratto dell’intestino abbiamo rinvenuto una massa fecale, contenente resti di pesce e squame». Pur essendo carnivori, questi dinosauri - stessa famiglia dei tirannosauri e velociraptor seguivano una dieta «mare e monti». Ecco un’altra delle sorprese dell’autopsia. «Ciro è la nostra stele di Rosetta, l’equivalente per la paleontologia della tavoletta che ha permesso di codificare i geroglifici egiziani», dice Dal Sasso, soddisfatto di poter rivelare la montagna di dati che ha accumulato giorno per giorno negli ultimi cinque anni. «Prima d’ora, le informazioni sugli animali preistorici derivavano da ossa pietrificate. Con Ciro, per la prima volta possiamo studiare i tessuti molli. Abbiamo trovato accumuli di ferro, traccia residua del sangue, e guardato all’interno delle singole cellule dei muscoli». Microcristalli di minerali Ma com’è possibile che un fossile si sia conservato così bene? «Naturalmente non è rimasto il tessuto organico vero e proprio. C’ è stata una sostituzione molecola per molecola con microcristalli di minerali specifica il ricercatore -. La fossilizzazione è iniziata appena la carcassa dell’animale si è depositata in fondo al mare, seppellita dal fango calcareo: in assenza di ossigeno, si è fermata la putrefazione». Bisogna, infatti, immaginare che, al posto dell’Italia attuale, c’era un arcipelago di isolotti dal clima tropicale e subtropicale, spostato a Sud verso l’equatore. Nella stagione delle piogge si abbattevano violenti uragani. Fu probabilmente uno di questi a spazzare via Ciro. Sembra di vederlo, mentre si allontana dal nido a esplorare la terra, un po’ incerto e ancora indifeso per sfuggire alla furia della natura. «Il suo corpo non mostra segni di traumi, né sofferenza. Potrebbe essere annegato a causa delle acque torrenziali, che poi l’hanno trascinato in mare». Per i fan di «Jurassic Park», del Dna non c’è traccia. Ma Ciro, con la sua breve vita e improvvisa morte, nella storia vivrà per sempre.