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 2011  giugno 21 Martedì calendario

EMOZIONI SCHIAVONE

Non finirà mai di offrirci emozioni, la Leonessa. Anche perché, oggi, di venature emotive era intrisa non soltanto la sua instabile vicenda, ma soprattutto quella dell´avversaria, Jelena Dokic.
Quando Jelena si affacciò al gioco, vincendo gli United States Juniors, mi scappò di scrivere una frase che ho appena controllato: «E´ nata una nuova Seles». Le similitudini tra le due erano molte. Si dirà, a contrario, che Monica venisse da un´etnia ungherese e Dokic da una serba. Ma entrambe erano state sommerse dalle drammatiche vicende della loro patria jugoslava, ed entrambe erano state costrette a cercar fortuna lontane dai luoghi di nascita. In paesi più ricchi, e migliori, quali gli Stati Uniti e l´Australia.
La vicenda della Dokic non fu, in fondo, meno drammatica della coltellata subita da Monica. Se, infatti, non venne aggredita da un sicario di Mladic, Jelena trovò il maggior nemico nel suo stesso padre, Damir. La carinissima biondina, capace di raggiungere, a soli 18 anni, i quarti di Roland Garros, e in seguito di vincere addirittura Roma, era vittima di un padre padrone tanto squilibrato da lasciar trasparire, anche in pubblico, la sua violenza. Lo vidi, infatti, proprio qui a Wimbledon, lanciare furioso un piatto a un cameriere colpevole di chissà cosa e poi, davanti a un poliziotto incredulo, affermare di esser stato servito male.
Simili, ripetute violenze erano certo più frequenti nel privato, e la decisione di cambiare paese non giovò certo a modificare la situazione. Privi di giocatrici all´altezza della tradizione, gli australiani offrirono infatti il passaporto ad Jelena, e Damir ebbe nuovamente a segnalarsi. Tanto che pur con tarda consapevolezza la figlia giunse ad abbandonarlo. Ciò gli costò una condanna e la preclusione del circuito.
Jelena, che un amico psichiatra ha definito "disorientata- disorganizzata" secondo l´imprinting di Bowlby ereditato da Konrad Lorenz, passò prontamente nelle mani di due suoi connazionali, Borma e Tim Bikic, anch´essi nocivi. Ed eccola oggi sul Centre Court, ingrassata e invecchiata, addirittura imbruttita, a soli 28 anni, ma tuttavia capace di mostrare le vestigia di quel che avrebbe potuto essere una star del tennis mondiale.
La sua partita non poteva esser altro che una successione di alti e bassi, soprattutto bassi. Fronte a lei, che colpiva ciecamente, quasi volesse espellere le violenze patite, Francesca dimostrava tutta la sua maestria, sfruttando l´erba del Centrale che sin qui non l´aveva mai ospitata, con tagli e improvvisati mutamenti di rotazione, con discese a rete in controtempo. Accadeva così che, dopo un primo set tattico in favore della nostra eroina, terminato felicemente nonostante uno svantaggio di 3-4, Jelena prevalesse di puro muscolo nel secondo (1-6): ma, in quella, l´attesa pioggia giungeva a consentire al tetto mobile del Centrale di mostrare, insieme, efficienza e lentezza.
I cinquanta minuti di sosta non avevano per nulla influito sulla visione tattica di Francesca, ma certamente raffreddato il vigore di Jelena. Da scontro la partita tornava vicenda tattica finendo per premiare la tennista in grado di meglio ragionare, di non affidarsi ciecamente all´emotività.
Insieme alla soddisfazione di veder la nostra eroina superare il primo turno, mi rimane una viva compassione, per quella tennista che Jelena Dokic sarebbe potuta divenire e che gli uomini non le hanno consentito di essere.