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 2011  giugno 21 Martedì calendario

DA MELONI AGLI SCAJOLIANI, TUTTI I DISSIDENTI CHE FANNO INFURIARE IL PREMIER

Sarà la verifica, quella vera. L´ordine del giorno messo a punto dalla fronda pidiellina romana e che nel giro di poche ore ha raccolto le adesioni di un ministro (Giorgia Meloni), di sottosegretari e di una ventina di deputati è sufficiente a mandare a gambe all´aria la maggioranza. Proprio quello che fino a notte fonda Berlusconi coi suoi e infine con Calderoli hanno cercato di scongiurare in ogni modo. Anche perché, a dispetto dei 330 vantati dal premier, nelle votazioni di fiducia succedutesi dal 14 dicembre, la coalizione non è mani andata oltre quota 316. E più tardi rischia il testa-coda.
Altro che verifica sui sottosegretari, altro che fiducia sul decreto Sviluppo. La partita più delicata si è giocata fino a stamattina (termine ultimo per la presentazione dell´odg: le 9,30) sullo stop al trasloco, sul quale il sindaco Alemanno e la governatrice Polverini hanno tenuto duro. Insomma, la mina che - non a caso - domenica Bossi ha piazzato sotto l´edificio già barcollante del Pdl, ha prodotto tutti i suoi effetti dirompenti. E alla fine, è diventato solo l´ultimo pretesto per portare allo scoperto le ferite che ormai segnano il corpaccione dell´intera coalizione berlusconiana alla Camera. Al testo ha lavorato fino a tardi la deputata ex An Barbara Saltamartini, «ambasciatrice» del sindaco a Montecitorio e riferimento dell´area che si è ritrovata sotto il gazebo al Pantheon con Alemanno e la Polverini. Insieme con loro, sotto le stesse insegne, adesso i deputati Rampelli e Marsilio, «perché la richiesta della Lega è folle e incostituzionale» sostengono. Il ministro delle Politiche giovanili Giorgia Meloni confida fino all´ultimo in una soluzione congiunta del Pdl, ma se poi si dovesse andare alla conta, voterebbe l´ordine del giorno in difesa di «Roma capitale» e dei suoi ministeri: «Legittimo per il Pdl far sentire il suo no al trasferimento». Si va allo scontro, dunque? Non è ancora detto. «Presentiamo il documento al 65 per cento» dice a tarda sera un uomo di Alemanno, mentre a Palazzo Grazioli Berlusconi media coi suoi. «Stiamo lavorando per un testo condiviso da tutto il Pdl - spiega in quelle ore la Saltamartini - Di certo deve contenere il principio per noi irrinunciabile: i ministeri non si spostano da Roma». Proprio quel che rischia di far saltare i rapporti con la Lega.
A poco è valso il pranzo tra Cicchitto e Alemanno. I «romani» e non solo loro vanno sparati per la loro strada. Del «gruppo» fanno anche parte i deputati Francesco Biava, Mario Landolfi, Vincezo Piso. Il calabrese Santo Versace non ha dubbi: «Non è tempo per proposte propagandistiche, per campagne dal sapore clientelare». Ma il malessere nel partito è tale che è bastato l´annuncio per veder coagulare attorno al testo (ancora fantasma) tutti gli spezzoni in fermento del Pdl. Claudio Scajola ha già fatto sapere come la pensa sulla sortita leghista sui ministeri. In questi giorni si è tenuto in stretto contatto con Alemanno, al pari del governatore Roberto Formigoni. Oggi potrebbe astenersi sull´ordine del giorno, comunque non votare contro. Ma la sua mano d´aiuto si concretizzerebbe in altro modo: col voto favorevole di 5-6 dei suoi fedelissimi. Da Abrignani a Cicu, da Biasotti a Conte, da Galati a Nicolucci. Ma tentato dallo strappo era ieri anche il pidiellino abruzzese Marcello De Angelis. Hanno già deciso di sostenere l´eventuale mozione, invece, i sei deputati che fanno capo alla nuova formazione di Gianfranco Micciché, Forza del Sud. «La votiamo eccome. Con tutto il rispetto per l´amico Maroni, che ora parla di un ministero a Palermo, gli diciamo che al Sud abbiamo bisogno di aziende e lavoro, non di uffici che moltiplicano i costi» gli manda a dire il siciliano del gruppo Pippo Fallica. Nella squadra dovrebbe entrare da qui a breve la frondista bolzanina Michaela Biancofiore, ormai in rotta con Verdini e La Russa. «Lascio e vado al misto con Micciché» anticipava ieri a Radio24, salvo poi correggersi: «Non farò nulla senza aver prima parlato con Berlusconi». Anche la sua strada (in uscita) è segnata.
Altro capitolo, il vulcano già in ebollizione (per le poltrone mancate) dei Responsabili. Il nuovo capogruppo Silvano Moffa fino a sera predicava cautela: «Confidiamo in un documento unico col Pdl». Consapevole che se non sarà così, oggi saranno dolori. Quasi l´intera formazione dei 25 è formata da meridionali. Il sottosegretario Giampiero Catone, per esempio, non ha dubbi: «Voterei sì, per far rimanere a Roma i ministeri». Anche il campano Mario Pepe, che pure è uscito dal gruppo dei Responsabili per il Misto (ma solo per entrare in Giunta per le autorizzazioni al posto del sottosegretario Cesario) a ora di cena tagliava corto: «Ma quale Nord, io voto per tenerli qui».