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 2011  giugno 21 Martedì calendario

Il suono del didgeridoo, lo strumento ancestrale degli aborigeni australiani, fa vibrare il ventre della piramide

Il suono del didgeridoo, lo strumento ancestrale degli aborigeni australiani, fa vibrare il ventre della piramide. Sembra che rimbombi la terra, che tremi il cielo, che risponda il cosmo. Fuori, gli allievi di yoga del centro Rishi intonano l’Om, il danzatore algerino Gil Nedjari si muove con passi ora lenti ora convulsi, il percussionista ungherese Laios Zsivkov picchia sul suo darbouka, 20 poeti, da Elio Pecora a Miguel Angel Cuevas, declamano i propri versi, centinaia di bambini li seguono. Tutti vestiti di bianco, quassù, sul promontorio che domina il mare a due passi da Motta d’Affermo, a metà strada fra Palermo e Messina. Tutti a officiare il Rito della Luce intorno ai 30 metri di piramide costruita l’anno scorso dall’artista di Volterra Mauro Staccioli, ultima lucida follia di Antonio Presti, il mecenate, l’utopista che qui ha costruito il parco di opere contemporanee all’aperto più grande d’Europa. «Ommm», ripetono i ragazzi dello yoga, mentre altri partecipanti risalgono affannati il pendio della collina. Arrivano a migliaia dalla Sicilia, dal resto del Paese, dalla Francia, dalla Spagna, dalla Germania per celebrare il solstizio d’estate, la festa laica del rinnovamento dello spirito, del risveglio, della rinascita, il momento in cui il sole prevale sul buio. Una Stonehenge italiana e contemporanea, un rito che si conclude stasera, quando la piramide chiuderà di nuovo le sue porte per riaprirle l’anno prossimo. Una quattro giorni il cui cuore pulsante è stato l’Art Hotel Atelier sul mare di Castel di Tusa, l’albergo di Presti dove le stanze sono state trasformate dagli artisti in opere d’arte: non un posto elegante e snob realizzato da un designer di grido, ma un luogo dove si dorme come dentro un quadro, come sul letto sbilenco di Van Gogh, come su una nuvola di Magritte. «Dopo i faraoni, sei l’unico uomo che abbia fatto costruire una piramide», scherzano gli amici abbracciando Presti. Lui, un ribelle che ha speso tutto il patrimonio di famiglia «in omaggio alla poesia e alla bellezza», sorride e spiega: «Le antiche società celebravano il sole periodicamente, perché sapevano bene che la rigenerazione è ciclica. Noi invece abbiamo perso quella concezione circolare del tempo, viviamo un tempo lineare, perennemente in fuga». La piramide, un assemblaggio di centinaia di lastre di acciaio corten costruita proprio dove passa il 38˚ parallelo del globo, riflette gli ultimi raggi del sole, mentre si alzano in cielo le note del sax di Giorgia Di Giovanni e Pierfrancesco Mucari, mentre vibra la voce di Giana Guaiana, profonda come questa terra brulla e assolata. «Richiami massonici? Macché», risponde Mauro Staccioli, anche lui vestito di bianco, arrivato in Sicilia dopo avere progettato sculture da San Francisco a Seul, da Roma a Los Angeles. «Quest’opera - racconta - è una sorta di ritiro laico, un luogo del pensare individuale, sganciato da qualsiasi rituale codificato o religione costituita. Mi interessava creare un luogo al tempo stesso universale e particolare, dove l’uomo potesse soffermarsi a pensare per interrogarsi, magari, sul senso dell’esistenza». Certo che l’opera non potrebbe essere più esoterica, simbolica, ascetica, con la sua mole tagliata da un’unica fessura da cui entra il sole al tramonto, con la sua spirale di pietre nel ventre, a contrapporsi alla verticalità dell’ opera. Pietre rosse modellate dal mare - che in un tempo remoto arrivava fino a questo promontorio che guarda gli scavi dell’antica città di Haleasa e le isole Eolie - come a parlare di un passato geologico. Tutti insieme - coppie, famiglie, intellettuali, organizzatori, poeti, artisti, danzatori, performers - si passano di mano in mano una sfera luminosa. C’è chi medita, chi danza, chi guarda silenzioso il mare, chi prega, chi cuoce la sua scultura di terracotta nel grande forno sistemato all’ingresso del percorso. La piramide vibra ancora, e questa volta sembra che il cosmo risponda all’unisono.