Isabella Bossi Fedrigotti, Corriere della Sera 12/6/2011, 12 giugno 2011
Isabella Santacroce si è appassionata alla scrittura grazie a suor Maria, sua maestra elementare: «Andavo a scuola con una valigetta nella quale tenevo un cerbiatto di peluche e qualche giocattolo, la appoggiavo sul banco e non facevo nulla, non parlavo, non chiedevo, guardavo i miei compagni di classe che chiacchieravano, ridevano, disegnavano, scarabocchiavano sui quaderni
Isabella Santacroce si è appassionata alla scrittura grazie a suor Maria, sua maestra elementare: «Andavo a scuola con una valigetta nella quale tenevo un cerbiatto di peluche e qualche giocattolo, la appoggiavo sul banco e non facevo nulla, non parlavo, non chiedevo, guardavo i miei compagni di classe che chiacchieravano, ridevano, disegnavano, scarabocchiavano sui quaderni. Io niente. Immobile nel mio banco con un cappello di pelliccia in testa, in tutte le stagioni, con il caldo e con il freddo. Sull’abbigliamento ero ostinatissima già a sei anni, non volevo vestirmi come le altre bambine e mia madre doveva lasciar fare. Fu suor Maria a svegliarmi dal mio incantesimo, a darmi coraggio, a indurmi a scrivere visto che ero troppo timida per parlare. Non so come avesse capito che sarei stata in grado di farlo, forse aveva soltanto pietà di me, così isolata e silenziosa. In un certo senso posso dire che è stata la mia prima editrice».