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 2011  giugno 21 Martedì calendario

Provate a leggere questi versi che chiudono la raccolta poetica Variazioni belliche di Amelia Rosselli, la grande poetessa morta suicida quindici anni fa: «Tutto il mondo è vedovo se è vero che tu cammini ancora /tutto il mondo è vedovo se è vero! Tutto il mondo /è vero se è vero che tu cammini ancora, tutto il /mondo è vedovo se tu non muori (

Provate a leggere questi versi che chiudono la raccolta poetica Variazioni belliche di Amelia Rosselli, la grande poetessa morta suicida quindici anni fa: «Tutto il mondo è vedovo se è vero che tu cammini ancora /tutto il mondo è vedovo se è vero! Tutto il mondo /è vero se è vero che tu cammini ancora, tutto il /mondo è vedovo se tu non muori (...)» . Belli, no? Ma che cosa vogliono dire? Difficile rispondere così, anche perché a prima vista vi si percepiscono contraddizioni palesi. Per esempio: perché mai il mondo è vedovo se qualcuno non muore? Procedendo con la lettura del testo, poi, le cose si complicano. È un esempio estremo di oscurità, che ci viene proposto da Alberto Casadei nel saggio Poetiche della creatività (Bruno Mondadori), dove si mostra quanto le scienze della mente aiutino a leggere le opere letterarie. «Il testo di Amelia Rosselli— scrive Casadei— crea una rottura dei confini spaziotemporali considerati normali» . Emerge, dalla catena di affermazioni illogiche della poesia, una «complessiva incertezza sull’esistenza o meno del mondo» . Ma per capire quel testo non basta andare a scovare i segreti dello stile, le metafore e le anafore, né soffermarsi sulla cosiddetta «forma» , sulla struttura o sulla logica: serve un salto alla ricerca dei livelli profondi, emotivi, cognitivi, pre-razionali. Casadei si/ci mette in questa prospettiva. Perché sa che tra spiegare un testo e comprenderlo c’è una bella differenza. Perché parlare di Amelia Rosselli e di un bel saggio scientifico in questa sede? Perché, al di là della proposta epistemologica di Casadei (andare al di là della superficie del testo letterario e persino dello stile per coglierne le implicazioni sommerse che hanno a che fare con le connessioni inconsce nel loro rapporto con il mondo esterno), ho l’impressione che abbiamo dimenticato il valore proprio della letteratura. Che ci appare oggi, sempre più, come l’organizzazione di significati espliciti. Leggendo le poesie di Amelia Rosselli, di Antonella Anedda, di Leonardo Sinisgalli e le «forme della creatività» di Emilio Tadini, e persino soffermandosi su certi nomi di macchina evocati da Don DeLillo in Underworld, Casadei finisce per toccare nel vivo il senso della parola letteraria, che non si esaurisce nelle sue evidenze di contenuto e di forma, ma lascia dietro di sé residui non immediatamente percepibili, capaci di creare vertigini e di spiazzare. I grandi scrittori sfidano le certezze dei propri lettori e in alcuni casi li costringono a una rivalutazione dei sistemi di riferimento. Oggi, viceversa, la letteratura viene tanto più apprezzata quanto più chiari, riassumibili, spiegabili sono i suoi significati: azioni, funzioni, intrecci. Come fossero dipinti dalla piana e onesta figuratività. Lo diceva bene domenica, nel supplemento del Sole 24 Ore, Vincenzo Cerami: circolano tanti romanzi in forma di storie da raccontare, in una lingua comunicativa, agile, essenziale. Ma che cos’hanno a che fare con la potenza oscura della letteratura?