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 2011  giugno 21 Martedì calendario

Ciao Lamberto, vero maestro di giornalismo - Lamberto, incredibile, mi ha salutato mentre se ne andava, ieri mattina

Ciao Lamberto, vero maestro di giornalismo - Lamberto, incredibile, mi ha salutato mentre se ne andava, ieri mattina. Sarà stata una pura combinazione, ma nell’ultimo sonno, prima di svegliarmi alle 8 e un quarto, Lamberto Sechi mi ha parlato, come quando nel 1969 arrivai a Panorama, appena praticante. «La fatica dobbiamo farla noi e non i lettori, se c’è una cifra in dollari, va tradotta fra parentesi, in lire; i fatti devono sempre essere separati dalle opinioni; le citazioni vanno fra virgolette se il discorso è diretto; i titoli delle testate, dei film, dei libri in corsivo, quelli degli articoli o dei capitoli fra virgolette; mai scrivere “da parte sua” perché è una chiara ripetizione se si attribuisce qualcosa a qualcuno; mai usare le virgolette per dare un senso particolare alle parole: o lo hanno perché lo determina il contesto o altrimenti anche con le virgolette il senso non cambia; mai scrivere “il nostro paese”, “il nostro governo” _, ma sempre “l’Italia”, “il governo italiano”, perché noi per poter servire il lettore dobbiamo essere sulla luna, guardare e raccontare i fatti in maniera distaccata. In ogni caso eccoti il codice di scrittura di Panorama, imparalo a memoria_». Come capita nel sogno, spesso ci si fanno domande per capire se è sogno o realtà. Succede a molti di sognare l’esame di maturità ancora da sostenere e poi di domandarsi: ma come è possibile se mi sono già laureato? Questa mattina parlavo con Lamberto e in sogno mi domandavo come potesse essere così lucido e determinato visto che era stato colpito dall’Alzheimer. Quando il cameriere dell’albergo ha suonato per la colazione ero in pieno sogno e rispetto a quella prima lezione di Lamberto, molti anni fa in via Bianca di Savoia, c’era una sola differenza: era presente anche Francesca, la seconda moglie, che da quando se n’era andata Franca, la prima, lo adorava come in un amore giovanile. Poco dopo mi è arrivata la telefonata che Lamberto, un vero padre per tutti i giovani dei tempi eroici di Panorama, anche se lui non aveva mai voluto figli, ci aveva lasciato. Se i giornali italiani in questi ultimi 30 anni hanno avuto una ventina di direttori di qualità lo devono a quella straordinaria capacità di Lamberto di insegnare le regole fondamentali del giornalismo, tutte rivolte al rispetto verso il lettore, l’unico padrone da riconoscere. Quando diventai direttore de il Mondo, non senza un legittimo dispiacere di Lamberto perché me ne andavo, il più onesto dei redattori che trovai nella nuova redazione mi avvisò subito: «Guarda che non ho frequentato la scuola dell’obbligo di Segrate». La scuola di Lamberto, che sfornò decine di direttori ma che, soprattutto, con i suoi principi, con la capacità di arrivare in redazione la mattina con tanti fogliettini per tutti, con le idee che aveva catturato nella lettura dei giornali durante la seduta sacra in bagno, fece una vera rivoluzione nel giornalismo italiano. E ci riuscì anche per quel principio sacro, secondo il modello di Time, di non personalizzare mai gli articoli, di non mettere mai il pronome «io» ma sempre Panorama, e ci fece diventare una vera squadra, imbattibile. Gli episodi che tornano alla mente, altre vere lezioni di giornalismo e di vita, sono infiniti, ma due sopra gli altri. Il primo: la battaglia che conducemmo insieme per convincere Mario Formenton, che con coraggio e slancio aveva preso il timone della Mondadori decidendo di sviluppare Panorama, troppo a sinistra per Giorgio Mondadori, a non accettare la legge del «giardinetto», come lo chiamava Eugenio Scalfari, per finanziare la nascita di Repubblica. Nel giardinetto erano inclusi personaggi come Nino Rovelli della Sir, che per Scalfari era indifferente avere a bordo. Per Lamberto no, e sono ancora oggi orgoglioso di averlo aiutato a convincere Formenton a imporre, se il nostro concorrente L’Espresso voleva fare il quotidiano, di scordarsi di accettare finanziamenti equivoci. Il secondo: la grande delusione, o meglio la profondissima tristezza, che lo colse quando la redazione gli si rivoltò contro (a lui che aveva fatto grandissimo Panorama), perché coerentemente non voleva fare inviati alcuni senatori, ritenendo che tutti dovessero scrivere e fare lavoro di redazione. Cogliendo questo momento di difficoltà, il suo grande amico e protettore Formenton, un uomo veramente straordinario, si lasciò sedurre da Piero Ottone, in uscita dal Corsera e lo nominò direttore generale dei periodici della casa di Segrate, (tragica scelta per l’introduzione dei principi ottoniani in una realtà schietta come quella della Mondadori). Lamberto fu confinato, come presidente, nel satellite Generalpromotion, una casa editrice di mensili di settore come Fotografare. Mi telefonò e ci vedemmo a pranzo ai Tre Mori. Informai Angelo Rizzoli che Lamberto era pronto a venire a salvare L’Europeo, che con lui, affiancato da Claudio Rinaldi, tornò ai migliori splendori. Ciao Lamberto. Mi auguro di poter trasmettere ai giovani giornalisti, ma anche ai lettori, tutti i tuoi sacri principi del giornalismo che ci hai insegnato, che mi hai insegnato.