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 2011  giugno 21 Martedì calendario

L’ARRESTO DI LELE MORA

MILANO — «Per piacere, possiamo fare presto? Vorrei evitare di essere ripreso» . Dell’immagine è stato il grande burattinaio. Dall’immagine fugge alla fine, in questo afoso pomeriggio di giugno, quando i finanzieri gli mostrano l’ordine di carcerazione col suo nome stampato sul frontespizio: signor Mora Dario, «detto» Lele. Lo trovano nel suo quartier generale, quarto e quinto piano di un antico palazzo al 9 di viale Monza, casa e ufficio nella prima periferia milanese. Qui dove in una girandola di casting e foto, vip e veline, artisti e tronisti sono «sbocciate» centinaia di carriere della tv, alle cinque di ieri pomeriggio l’anfitrione della giostra si ritrova solo. Lele Mora ha davanti i militari della Finanza. E a loro si appella: «Vi chiedo soltanto una cortesia, possiamo andare via prima che arrivino i fotografi e le televisioni?» . Cortesia concessa (in realtà era stata la stessa Procura a ordinare massima accortezza per evitare la spettacolarizzazione dell’arresto). Tempo di preparare una borsa con i vestiti e andare. La folla di cameraman e fotografi si materializza mezz’ora dopo. Il resto del pomeriggio è un frenetico stringiamoci a corte. «Lele arrestato? Nooo...» . Decine di telefonate. Il portone verde della LM Management, a poche decine di metri da piazzale Loreto, diventa l’epicentro del traffico con un andirivieni di Suv: bianchi e neri, Bmw eMercedes. In questo quartiere di Milano ad altissima densità di immigrazione, passano e vanno (cercando perlopiù di tenersi a distanza dalle telecamere) ragazze e ragazzi della «scuderia» : acconciature vistose, qualche minigonna, telefonino all’orecchio; volti abbronzatissimi, occhiali scuri e magliette attillate. I due factotum ecuadoriani dell’agente dei vip entrano ed escono, affannati, una decina di volte. Il nuotatore ed ex «naufrago» dell’Isola dei famosi, Leonardo Tumiotto, arriva per un aperitivo al bar sotto lo stabile, saluta, chiacchiera, si informa e dopo un’oretta se ne va. Costantino Vitagliano sbuca dal portone fasciato in una maglietta nera ricamata d’argento e, prima di allontanarsi su un Suv bianco guidato da un amico, mormora soltanto: «Mi dispiace molto, è un amico» . Due ore dopo il traffico di viale Monza si dirada, la corte di Lele si disperde, lo smarrimento della corte è lo stesso confidato dall’anfitrione Mora ai suoi vicini negli attimi dell’arresto: «Non me l’aspettavo» . Gianni Santucci