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 2011  giugno 21 Martedì calendario

MILANO —

L’arbitro del concorso di bellezza si è sistemato in sala trucco e ora sta spiegando alle reginette come devono pettinarsi. Non è la prima volta che accade. Fino al 2007, le agenzie di rating lavoravano fianco a fianco con le banche perché queste ultime vincessero il loro concorso di bellezza fra titoli immobiliari basati sui subprime. Allora, la notazione di credito veniva assegnata solo dopo che il banchiere e l’analista del rating avevano discusso su come strutturare un titolo perché ottenesse un voto elevato: come se la giuria suggerisse a una concorrente la giusta pettinatura per diventare Miss. Come andò a finire è noto. Allora i governi attaccarono le agenzie che non avevano tenuto le distanze dagli attori del mercato. Ora invece sono i governi e le autorità europee a invitare le stesse agenzie di rating nel loro retrobottega. Non hanno scelta, del resto. Se bisogna far funzionare l’ennesimo tentativo di salvataggio della Grecia, gli analisti di Standard &Poor’s, Moody’s e Fitch devono a tutti i costi essere portati dalla parte del salvataggio: qualora pensassero e dichiarassero il contrario, tutto salterebbe. Si tratta, in questo caso, di individuare un sistema perché le banche creditrici verso la Grecia rinnovino i loro bond in scadenza, anziché esigere che Atene rimborsi subito. Ciò darebbe al governo greco fra i 20 e i 30 miliardi di ossigeno, parte del piano per evitare un’insolvenza almeno fino a tutto il 2013. Con un eufemismo, è ciò che si chiama il «coinvolgimento» del settore privato nel salvataggio. Gli istituti potrebbero perderci qualcosa. Ma rinnovando i loro crediti, banche francesi come Société Générale o Bnp Paribas, tedesche come Commerzbank o EuroHypo e le stesse banche greche contribuirebbero a evitare uno scenario di insolvenza ancora peggiore. È qui che le agenzie di rating diventano l’arbitro più influente, perché il diavolo è nei dettagli e loro hanno il potere di dichiararlo. I tassi d’interesse decennali della Grecia sono astronomici, al 17,4%: se le banche rinnovassero i loro prestiti a condizioni di mercato, il Paese starebbe presto molto peggio di prima. Ma se invece le banche rinnovassero i bond con uno sconto, cioè accettando interessi inferiori a quelli di mercato, le agenzie di rating potrebbero decidere che in realtà Atene è insolvente. Il rating greco finirebbe al livello «default» , le banche elleniche non potrebbero più finanziarsi presso la Banca centrale europea e decine di miliardi di derivati passerebbero di mano. Sarebbe un terribile colpo di coda del contagio, forse simile all’effetto Lehman. Ecco dunque gli arbitri del concorso di bellezza fra bond, cioè le agenzie di rating, lavorare di nuovo fianco a fianco con coloro che dovrebbero regolare, per quanto patologico ciò appaia. Si tratta di trovare un modo perché la Grecia paghi meno del dovuto senza che, giuridicamente, sia dichiarata in bancarotta. La quadratura del cerchio prenderà un po’ di tempo, ma tecnicamente si arriverà a darla per buona. Tutto sommato anche i mutui subprime furono dichiarati «Tripla A» (massimo dei voti) senza traccia di ironia. L’accordo per la «partecipazione volontaria dei privati» al salvataggio arriverà e permetterà di varare in luglio un nuovo piano da oltre 100 miliardi di euro fino al 2014, se il governo greco varerà i nuovi sacrifici. E le agenzie di rating dimostreranno ancora una volta il loro potere: almeno fin quando si scoprirà che anche a questo concorso non ha vinto la più bella, solo quella pettinata meglio. Federico Fubini