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 2011  giugno 18 Sabato calendario

L’UOMO CHE CI FA LITIGARE COL RESTO DELL’EUROPA


È il doppio cognome quello che lo frega.
Fu Carlo Azeglio Ciampi (solo doppio nome) a chiamarlo a Roma. Era il settembre del 1998. Romano Prodi era presidente del Consiglio, Ciampi ministro del Tesoro. Al Quirinale c’era Scalfaro (Oscar Luigi, altro doppio nome). Il governo italiano aveva deciso di riorganizzare l’Amministrazione centrale del Tesoro. Mancava un direttore generale, livello C, carica di prestigio. E Ciampi scelse lui, Lorenzo Bini Smaghi (eccolo, il doppio cognome, quello che lo frega).
Il 14 settembre la Gazzetta Ufficiale riportò la nomina. Per illustrare l’esperienza professionale del prescelto, gli estensori del decreto usarono la bellezza di 9.435 battute, più di cinque cartelle di testo in corpo 12. Era più lunga la biografia che il testo del decreto vero e proprio. Praticamente, un saggio breve. Ma lui, LBS, classe 1956, economista, direttore generale del Tesoro a soli 42 anni, membro del Comitato esecutivo della Banca centrale europea, è fatto così: è specializzato nelle cose grandi e fuori dal normale. Se deve studiare, studia all’estero (anche grazie al fatto che il padre era un alto funzionario della Comunità europea): liceo francese di Bruxelles, laurea all’Università Cattolica di Lovanio, sempre in Belgio, master in California, PhD a Chicago. In Italia, per la precisione all’Università di Bologna, ha preso solo una laurea in Scienze politiche, anno 1979. Se deve imparare una lingua straniera, ne impara tre: inglese, francese e tedesco. Se deve dare un nome al suo cane, lo chiama Lomé, come la capitale del Togo, sede della convenzione tra l’Europa e i Paesi in via di sviluppo. Se deve scegliere una moglie, la sceglie non con il doppio cognome ma con il “de” nobiliare: Veronica de Romanis, apprezzata economista anche lei. I figli, due, si chiamano Corso e Laudonia. Se deve dimettersi dalla Bce perché la Francia vuole il suo posto, perché l’Italia ha già Mario Draghi futuro presidente e perché le regole europee non scritte prevedono che non vi siano due persone della stessa nazionalità nell’organismo che guida l’istituto monetario di Francoforte, punta i piedi e fa scoppiare quasi una crisi internazionale. Addirittura, a chi gli chiede come mai tanta ostinazione e tanto affetto per quella poltrona, lui ricorda Tommaso Moro che non volle rinunciare alle sue idee e resistette alle pressioni di Enrico VIII fino alla carcerazione e poi alla condanna a morte. Questione di indipendenza, dice San Lorenzo Bini Smaghi: lo statuto della Bce prevede che un membro del Comitato esecutivo non possa essere rimosso se non per colpa grave. E questo proprio per difendere l’indipendenza dei banchieri centrali rispetto al potere politico. Dunque, la Francia non può reclamare e il governo italiano non può chiedere dimissioni. Anche perché, aggiungono i maligni, in cambio, almeno fino ad ora, il governo di Roma non ha concesso niente. I maligni, purtroppo, sono maligni, come tali convintissimi che se a LBS fosse stato promesso il vertice di Bankitalia lui avrebbe dimenticato Tommaso Moro e tutto il resto. In mancanza di certezze e anche di labili prove, sorvoliamo. Sta di fatto, comunque, che la poltrona alla Bce resta sua. E il caso monta, l’Europa ne parla e critica e l’Italia, con Draghi, rischia.
Lo abbiamo detto: a LBS piace fare le cose in grande. Cose enormi per San Lorenzo. Se deve ricoprire un ruolo, oltre a quello alla Bce, ne ricopre in numero impressionante. Tra questi, anche quello di membro dell’Advisory Board del Paolo Baffi Centre on Central Banking and Financial Regulation dell’Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano. Un eventuale biglietto da visita dovrebbe essere grande quanto un foglio protocollo. Se deve fare le vacanze, le fa a Punta Ala, costa toscana, luogo esclusivo e gite in barca a vela. Se deve comprare un’opera d’arte, mette su una collezione. Se deve organizzare cene nella sua casa romana dei Parioli, le organizza solo con personaggi influenti e rigorosamente trasversali: economisti, artisti, intellettuali, giornalisti famosi. Se deve ricevere apprezzamenti, riesce a riceverli da destra e da sinistra, da Visco («persona competente») e da Enrico Letta («è in grado di svolgere un ottimo lavoro»), da Ciampi, che lo ha voluto al Tesoro, a Tremonti e Siniscalco, che lo hanno confermato. Se deve rilasciare dichiarazioni, diventa un fiume in piena. Soprattutto ultimamente, quando Mario Draghi è stato indicato come presidente della Bce, il posto al vertice della Banca d’Italia si è reso disponibile ed LBS – un caso, ovviamente, una semplice coincidenza temporale – ha cominciato a spiegarci di tutto, mali dell’Italia e ricette di guarigione compresi.
Il Grande Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana LBS ha una risposta per ogni quesito: crisi greca e crisi degli Stati sovrani, crisi delle banche, crisi dell’euro, crisi della finanza in senso lato. E pensare che uno dei suoi grandi maestri, Robert Lucas, premio Nobel per l’Economia, aveva, e presumiamo abbia ancora, un motto: più che cercare risposte, bisogna farsi molte domande. Ma Lucas ha un solo cognome, e anche un nome abbastanza comune. LBS è fatto di un’altra pasta. Lo abbiamo detto: discendente di una nobile famiglia umbro-toscana, casa di famiglia nella campagna toscana (a San Casciano), quattro libri all’attivo, stipendio lordo di 246 mila euro all’anno (più indennità e contributi vari per novantamila e rotti euro), Lorenzo Bini Smaghi (accidenti ai doppi cognomi) è un personaggio decisamente non comune. Per rendere l’idea trascriviamo dalle biografie ufficiali: presidente della Fondazione Palazzo Strozzi di Firenze, sostituto del ministro dell’Economia nel G7, presidente della sezione italiana dell’associazione University of Chicago Alumni. In passato, vicepresidente del Comitato economico e finanziario dell’Unione europea, presidente del Comitato Mercati finanziari dell’Ocse, presidente di Sace, consigliere di amministrazione della Bei, di Finmeccanica e di Mts. A proposito: Lorenzo Bini Smaghi ha 55 anni, mica duecento. E a quanto pare gli manca una sola carica: governatore della Banca d’Italia. Un posto nel quale, probabilmente, farebbe bene. Il male, secondo noi, sta nelle mancate dimissioni dalla Bce. Ma noi abbiamo un solo cognome, anche se il nome non è proprio comunissimo.

Mattias Mainiero