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 2011  giugno 18 Sabato calendario

MILANO— È

dedicato a lei, con un vezzo indicata sempre e soltanto come «M» , ma parla di tutti loro. L’unica vera «aristocrazia» di questo Paese, l’impero che lotta per sopravvivere alla scomparsa del suo imperatore. M. L’importanza di chiamarsi Agnelli (in edicola da oggi con Milano Finanza) è una storia (o la cronaca) ricostruita da Emanuele Gamna, piena di echi sordi di battaglia. Quella che dal 2003, anno della morte di Gianni Agnelli (ma la prima, vera «esplosione» risale al 2009), ha visto schierarsi — sostanzialmente — tutta la famiglia contro l’unica figlia dell’Avvocato, Margherita Agnelli de Pahlen. È lei, la «M» del libro di Gamna. Vezzo di stile, o forse presa di distanza: di Margherita, nel lungo contenzioso sull’eredità dell’imperatore che l’ha vista contrapporsi a madre, figli, parenti tutti, Emanuele Gamna è stato infatti l’avvocato. Un legame rafforzato da intrecci di parentele, così simili alla trama su cui è intessuta questa storia: la figlia di Raimonda Lanza di Trabia, aristocratica moglie siciliana del torinese Gamna, ha infatti sposato Filippo Caracciolo, cugino di Margherita. E un legame che si è incrinato e definitivamente spezzato l’anno scorso, con un’accusa di concorso in tentata estorsione per lei nei confronti di lui (che finì a sua volta indagato per infedele patrocinio e truffa ai danni dello Stato). Quel che è certo è che la lettura di M. L’importanza di chiamarsi Agnelli lascia il sapore di uno sguardo (privilegiato, ma certo non distaccato) dietro le quinte. Gamna ripercorre la battaglia legale che vide Margherita armarsi e partire contro la madre Marella e gli amministratori fiduciari del padre, Gianluigi Gabetti, Franzo Grande Stevens e Siegfried Maron. È un mondo che si muove tra i saloni ovattati dell’Hotel de Milan e i caveaux di St. Moritz straboccanti di opere d’arte, perché l’Avvocato «considerava l’arte moderna e contemporanea un investimento sicuro, flessibile e poco visibile» . Klimt e Picasso, Bacon e Balthus, Canaletto e Goya. Ma anche la volontà di Gianni Agnelli vista come «sacra» , «questa è la tesi di Grande in soldoni — scrive Gamna —, il fatto che abbia disposto con testamento pubblico i suoi beni, sta a significare che ogni straripamento sarebbe irrispettoso» . E la sua volontà è che «la designazione di Jaki (John Elkann, ndr) non è in discussione» . Taciti accordi e convenzioni di classe, desideri «imperiali» e pretese «legittime» , Margherita guerreggia per interposta persona. E quella persona è Gamna, che oggi racconta come Suni (Susanna Agnelli, sorella dell’Avvocato, scrittrice e ministro, scomparsa nel 2009) gli avesse accennato «a dissapori tra madre e figlia e al fatto che M e quel marito rompono le scatole» , e come Grande Stevens gli avesse spiegato «che Donna Marella altro non farà che eseguire la volontà imperiale» . E ancora: la volontà dell’Avvocato di «rendere M inerme e impossibilitata a nuocere» , l’ «amicizia di lunga data» che lega Gamna a «M» e che «può essere un inconveniente» . Retroscena di una battaglia, che si leggono come un romanzo. Ma i cui attori principali sono tra i protagonisti della storia del nostro Paese. R. I.