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 2011  giugno 17 Venerdì calendario

VOLANO GLI SPREAD DEI TITOLI EUROPEI SCIVOLA L’EURO

Cosa s’intenda per «rischio sistemico» i mercati finanziari l’hanno spiegato chiaramente ieri: significa che quando un paese come la Grecia è sull’orlo del default, a pagarne le spese sono tanti altri Stati europei. La Spagna, che sembrava avere separato le proprie sorti da quelle di Atene, ieri doveva collocare fino a un massimo di 3,5 miliardi di euro di titoli di Stato a 8 e 15 anni: ha però ha dovuto accontentarsi di vendere 2,8 miliardi con rendimenti del 5,35% e del 6,02%, ben sopra il limite del 5% considerato accettabile per le casse spagnole. Motivo: gli investitori hanno paura per la Grecia e fuggono dalla Spagna. Ma anche l’Italia, che da tempo seguiva poco la china dei paesi cosiddetti «periferici», ha visto il differenziale tra i rendimenti dei BTp e i titoli di Stato tedeschi salire a 204 punti base (salvo chiudere poi a 195). Per non parlare dei rendimenti portoghesi e irlandesi, volati sui massimi. O dell’euro, sceso fino al minimo storico sul franco svizzero (a 1,1946) per poi recuperare un po’, e sceso a 1,4074 contro dollaro. Per non parlare dell’Euribor, salito al massimo dall’aprile 2009 all’1,49%. O delle Borse, che hanno perso quota ancora una volta. La Grecia è un Paese piccolo, ma la detonazione – teme il mercato – è potenzialmente enorme.

Tutto parte dalla situazione greca. Da un lato c’è l’accordo per far arrivare ad Atene una nuova tranche di aiuti, tali da permettere alla Grecia di arrivare indenne (cioè con i soldi per pagare i debiti) fino a settembre. Dall’altro, però, questo aiuto è subordinato all’approvazione del piano di austerity da parte del parlamento, ma il governo è nel mezzo di una crisi. Dunque non è certo che, alla fine, si riesca a trovare la quadra. E anche se fosse trovata, traghetterebbe Atene solo fino a settembre: poi le trattative, e le pene per i mercati, ricominceranno. Già questo crea tensione.

Ma a far veramente paura è altro: l’effetto «Lehman Brothers». Il timore, insomma, è che il default sempre più probabile della Grecia e che la crisi bancaria in Irlanda scatenino un clima di sospetto tale da alzare i rendimenti di tanti altri titoli di Stato e da mettere sulla graticola altri Paesi. In un’Europa piena zeppa di debiti, sia pubblici sia privati, il rialzo massiccio dei rendimenti sarebbe insostenibile. Questo avrebbe un effetto ulteriore: prosciugare la liquidità sui mercati. «Quello che si teme – confessa Silvio Peruzzo, economista di Rbs – è un effetto domino su Paesi che, presi singolarmente, non avrebbero problemi».

Il Portogallo è già messo sul conto da tempo. Le turbolenze stanno interessando anche la Spagna. Ma ben pochi paesi si possono definire immuni da questo pericolo di contagio. Lo testimonia l’andamento di ieri dei credit default swap, polizze assicurative che funzionano un po’ come il termometro delle tensioni: se il costo per assicurarsi contro l’insolvenza della Grecia è salito a 1.500 punti base, quello per coprirsi dal rischio Irlanda è volato di 30 punti base a 670, quello del Portogallo di 10 a 655, quello del Belgio di 5 a 177, quello dell’Italia di 2 a 197. Ma anche la Francia, ieri, ha registrato un’impennata dei Cds: sono saliti di 6 centesimi a quota 115. Segno che per il mercato nessuno è al sicuro. Il timore tocca poi le banche, piene di titoli di Stato greci, irlandesi e portoghesi (si veda l’articolo a fianco). Ma anche la stessa Bce subirebbe perdite considerevoli da un default greco.

Insomma, i mercati vedono l’eventualità di un’insolvenza greca come l’apertura del mitologico vaso di Pandora: non si sa cosa possa uscire. È anche per questo che le Borse continuano a scendere. Ieri sono state sostenute minimamente da alcuni dati economici americani, ma le chiusure finali sono comunque negative: Londra -0,76%, Parigi -0,38, Francoforte -0,07%, Madrid -0,15%, Milano -0,33%. Mediamente, le Borse europee sono in calo del 2,23% da inizio anno. Wall Street, dopo continui alti e bassi, ha chiuso in positivo dello 0,18%, con il Nasdaq in discesa dello 0,29 per cento.