Giovanna Gabrielli, il Fatto Quotidiano 17/6/2011, 17 giugno 2011
IL FATTO DI IERI - 17 GIUGNO 1932
Ci provarono in molti a far fuori Mussolini. Tito Zaniboni, l’inglese Violet Gibson e, tra il ’26 e il ’32, gli anarchici Lucetti, Zamboni e Schirru. Attentati tutti falliti, compreso l’ultimo, solo intenzionale, di Angelo Sbardellotto, giovane operaio bellunese emigrato in Belgio come minatore, anch’egli anarchico, iscritto nel registro dei renitenti alla leva e segnalato tra i 270 antifascisti più pericolosi dei Paesi Bassi. Per l’OVRA, un attivista sovversivo, arrestato dalla polizia fascista nel giugno ‘32 a Roma, in Piazza Venezia, perché armato e in possesso di passaporto falso. Sottoposto a torture e costretto a confessare un inesistente complotto in cui verranno coinvolti anche Alberto Tarchiani, ex redattore capo del Corriere della Sera, in esilio a Parigi e Emidio Recchioni, il “Grande Vecchio” dell’anarchismo europeo. Sbardellotto, l’anarchico che non sparò, venne sommariamente giudicato e mandato a morte. Fucilato con macabra efficienza il 17 giugno ‘32 al Forte Bravetta di Roma, dopo un processo mostruoso e ingiusto, anche in base alle leggi fasciste. Dopo avere con disprezzo respinto la domanda di grazia e aver ingiunto, “anche dalla sedia dell’esecuzione, al sacerdote, di allontanarsi”.