Franco Pasqualetti, Leggo 17/6/2011, 17 giugno 2011
ARRESTATO IL BUONO PASTO
Il Ministero mette a dieta forzata i poliziotti. «Qui non si mangia perché il Viminale non paga più», si sono sentiti dire gli agenti del dicastero dai gestori di bar, pizzerie e tavole calde convenzionate con l’Interno: il loro buono pasto da 4.86 euro, griffato Repubblica italiana, adesso è valido soltanto per prendere qualche appunto.
Una scelta che ha mandato su tutte le furie il Consap, il maggiore sindacato di Polizia, che martedì promette battaglia: «Occuperemo il Viminale», promettono. Forse faranno una capatina anche negli scantinati, dove fino a due anni fa c’era la sala mensa: certo, a quei tempi non è che il menù fosse degno del Gambero Rosso, la pasta poteva essere una colla, verdura e secondi sconditi, la frutta un po’ ammaccata, ma almeno c’era la certezza di non rimanere a bocca asciutta.
Con l’introduzione dei buoni pasto, i poliziotti potevano scegliere cosa mangiare: non è che i 4.86 euro riuscissero a soddisfare più di tanto la fame, magari era necessario metter mano al portafogli per pagarsi il caffè o una Coca Cola, ma un toast o un tramezzino erano più che abbordabili.
Ora, invece, a causa di una verifica della Corte dei Conti, da circa sei mesi è stato sospeso il flusso dei pagamenti ai gestori degli esercizi convenzionati e da ieri gli increduli agenti hanno dovuto saltare il pranzo. Ci sarà forse lo zampino del ministro Brunetta, che qualche tempo fa aveva dichiarato che in Italia ci sono troppi poliziotti panzoni dietro le scrivanie?