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 2011  giugno 17 Venerdì calendario

Dai rifiuti spunta il casale di Bassolino - Il Rinascimento napoletano è af­fogato fra i rifiuti

Dai rifiuti spunta il casale di Bassolino - Il Rinascimento napoletano è af­fogato fra i rifiuti. Ma per Anto­nio Bassolino andava avanti fra le colline modellate dalla storia di Cortona. Un angolo della To­scana che è una cartolina e una location cara ai vip della sinistra. Qui l’ormai ex governatore si sa­rebbe costruito un casale che as­somiglia tanto a una sontuosa reggia: 450 metri quadrati, più il parco, più la sauna e il campo da calcetto. Le pareti in mattoni ros­si si affacciano sui cipressi e gli ulivi. Fascino, storia, discrezio­ne. E invece siamo dentro un’in­chiesta che è arrivata alla conclu­sione: ieri la Procura di Arezzo ha messo i sigilli al sogno e ha conte­stato formalmente a Bassolino il reato di corruzione. In pratica l’ex leader del Pd campano avrebbe pagato tangenti per procedere nei lavori di ristrutturazione e accatastamento dell’immobile. Ma il capo d’imputazione è solo l’ultimo aspetto di una vicenda grottesca. Perché Bassolino sostiene di non avere nulla a che fare con quel casale e gli investigatori, prima quelli napoletani e poi i loro colleghi di Arezzo, ritengono che dica il falso e si sia servito, per non figurare, di un prestanome. Un prestanome di lusso, come tutto in questa storia che va avanti dal 2008:l’ex parlamentare dei Ds Giuseppe Pino Petrella, uno dei più noti chirurghi italiani. Tutti i lavori sono stati fatti a nome e per conto di Petrella, ma i detective pensano che in realtà Petrella abbia coperto Bassolino per motivi che nessuno è mai riuscito a chiarire. In realtà i due si sarebbero spartiti la reggia a metà.Uno di qua e l’altro di là. E ora Petrella è nei guai, esattamente come Bassolino e come l’architetto Alvaro Fabrizi, ex capo ufficio tecnico del Comune di Cortona, pure indagato per corruzione; altri due architetti che hanno seguito la ristrutturazione dell’edificio sarebbero responsabili di reati minori. L’inchiesta comincia a Napoli, anzi per la precisione a Giugliano. Almeno 400 chilometri più a Sud di Cortona. Qui sono stoccati due milioni di ecoballe. Cubi di plastica su cui volteggiano centinaia di gabbiani. La pace di Cortona vista da qui è solo un miraggio. Quelle ecoballe sono il simbolo del fallimento della politica ambientale in Campania. Erano state affidate alla Fibe, società del gruppo Impregilo della famiglia Romiti, e la Fibe si era impegnata a trattare le ecoballe in modo da trasformare il pattume in combustibile per produrre energia. Ma la bacchetta magica non funziona. Il problema non solo non viene risolto, ma la situazione degenera e il resto è la cronaca drammatica che tutti conosciamo. La Procura di Napoli si muove e indaga Antonio Bassolino e Piergiorgio Romiti per traffico illecito di rifiuti. Scava scava, salta fuori un’altra circostanza strana. Si scopre che i due hanno interessi immobiliari a pochi chilometri l’uno dall’altro, nei dintorni magici di Cortona. Un caso? Forse sì, perché le Fiamme gialle non trovano alcuna parentela fra l’operazione promossa da Romiti e quella che ha per protagonista Bassolino. Romiti, almeno su questo lato, esce di scena. L’ex governatore invece no: gli investigatori entrano dentro un romanzo giallo che ha due protagonisti, Giuseppe Pino Petrella e Antonio Bassolino. La Guardia di finanza scova carte e sente testimoni, poi trae le sue conclusioni, affidate a un’informativa: «Emergerebbe il commissionamento di lavori edili sul manufatto in località Farneta presso Cortona da parte di Antonio Bassolino, nonché la simulazione dell’acquisto dell’immobile da parte del solo Petrella al fine di nascondere la compartecipazione di Bassolino nell’acquisto». Dunque il Rinascimento di Bassolino continuava, ma in incognito. Nel 2005 il casale è pronto e nel 2005 Petrella e Bassolino litigano e rompono. Un rompicapo. Che i finanzieri traducono in alcune cifre e in una domanda terra terra: alla fine il casale, comprato da Petrella nel 2002 per 120mila euro, ha subito lavori di ristrutturazione per un milione di euro. E ora ha un valore ancora più alto. Bassolino dove ha preso i soldi per pagare la sua parte? Un quesito che aspetta ancora risposta. Ma l’inchiesta di Arezzo, nata da una costola di quella napoletana, atterra poi su alcuni abusi edilizi e sulla corruzione. Quella ora contestata all’ex coppia Bassolino-Petrella,ricostituita per l’occasione davanti al tribunale. Bassolino si difende: «Non possiedo alcun casolare o parte di esso e nulla so delle condotte illecite che vengono contestate. Sono fiducioso: l’ulteriore sviluppo dell’indagine accerterà la mia estraneità ai fatti». In Procura rispondono per le rime, parlando di «prove ampie e sufficienti». Il dirigente comunale avrebbe preso denaro per far finta di non vedere lo stravolgimento del piano urbanistico. Resta il rebus: Bassolino ripete di non sapere nulla di quel gioiello con piscina, ma in paese tutti chiamano la piccola reggia con il suo nome: il «casale Bassolino». E i finanzieri hanno sentito gli artigiani e i fornitori che avrebbero lavorato, come ai tempi di Lorenzo il Magnifico, per l’ex «monarca napoletano » e per la sua corte. Una corte chiusa ora con il lucchetto.