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 2011  giugno 17 Venerdì calendario

Il governo a Bini Smaghi: dimettiti - Un pasticcio italiano complica d’improvviso l’ascesa di Mario Draghi alla Banca centrale europea e la sua sostituzione alla Banca d’Italia

Il governo a Bini Smaghi: dimettiti - Un pasticcio italiano complica d’improvviso l’ascesa di Mario Draghi alla Banca centrale europea e la sua sostituzione alla Banca d’Italia. Silvio Berlusconi ha convocato a palazzo Chigi ieri il membro italiano dell’esecutivo Bce, Lorenzo Bini Smaghi, annunciando prima ai giornali che gli avrebbe chiesto di dimettersi. Era un patto non scritto con la Francia, che non vuole restare senza rappresentanti nell’esecutivo dopo l’uscita di Jean-Claude Trichet. Ma i governi non hanno il potere di chiedere le dimissioni ai dirigenti della Bce, sta scritto nei Trattati europei. Dunque Bini Smaghi (il cui mandato termina naturalmente solo nel 2013) non poteva dimettersi, e non si è dimesso. Non può più saltare ormai la nomina di Draghi alla guida della Bce, prevista al vertice europeo del 23. Si decide a maggioranza. Tuttavia la Francia e alcuni Stati nordici sottolineeranno che non sarà a lungo sostenibile una situazione in cui tra 23 membri del consiglio Bce si conteranno ben tre italiani, Draghi, Bini Smaghi e il nuovo governatore della Banca d’Italia. Nessuna norma scritta lo impedisce; la prassi e il buon senso consigliavano di rimediare. La questione, dicono un po’ tutti nelle banche centrali, doveva essere risolta dietro le quinte; metterla in piazza impedisce di risolverla. Forse Trichet interverrà di nuovo per sottolineare che i membri dell’esecutivo Bce non devono essere oggetto di pressioni da parte dei governi. Sono i governi a nominarli, ma dopo, per 8 anni di mandato, hanno piena autonomia. Guarda caso nel discorso pronunciato ieri mattina in Vaticano, prima dell’ incontro a palazzo Chigi, Bini Smaghi si era rifatto all’esempio di Tommaso Moro, l’intellettuale del Cinquecento decapitato dal re d’Inghilterra Enrico VIII per non aver voluto rinunciare alle sue idee. Bini Smaghi aveva scelto di citare Tommaso Moro in Vaticano perché la Chiesa cattolica lo venera come santo. Per coincidenza, il nome ricorda un’altra gaffe del premier, risalente a parecchi anni fa. Berlusconi aveva pubblicato una lussuosa edizione dell’Utopia, opera di Tommaso Moro, con una prefazione a propria firma. Il professor Luigi Firpo, autorevole collaboratore della «Stampa», vi aveva riscontrato intere pagine copiate da un suo lavoro. Resta da capire perché i tempi si siano accelerati. Il banchiere fiorentino, si sa, ambiva a diventare governatore della Banca d’Italia. Una ipotesi è che Giulio Tremonti abbia chiesto a Berlusconi di nominare governatore Vittorio Grilli, attuale direttore generale del Tesoro, in cambio di concessioni sulla politica economica. Bini Smaghi tuttavia non era interessato al posto di Grilli; secondo voci che corrono, ieri gli sarebbe stata offerta la presidenza dell’ Autorità Antitrust, che pure non gli interessava. «Io e Letta abbiamo un appuntamento con Lorenzo Bini Smaghi - ha spiegato ieri il premier durante la conferenza stampa tenuta al termine del consiglio dei ministri -. Stiamo parlando del fatto che per ottenere dalla Francia l’assenso alla candidatura di Mario Draghi ci deve essere nella Bce la presenza di un francese che potrebbe avvenire con le dimissioni di Bini Smaghi dal board. C’è quindi una richiesta ufficiale del Governo a Bini Smaghi di dimissioni». Forse Berlusconi ha messo le cose in piazza sperando di forzargli la mano, ma il risultato non poteva che essere l’opposto; infatti l’incontro a palazzo Chigi è durato pochi minuti. La gaffe diplomatica sta nell’aver annunciato ai giornalisti una "richiesta di dimissioni" che i Trattati europei vietano. In serata un comunicato di Palazzo Chigi ha tentato di mettere una pezza, sostenendo che a Bini Smaghi era stato suggerito di mettersi da parte d i m e t t e n d o s i «spontaneamente e responsabilmente, nel pieno rispetto dell’autonomia della Bce» in nome della «regola non scritta che suggerisce l’opportunità di assicurare la presenza nel proprio “board” di un solo rappresentante di ciascuno dei principali Paesi dell’area euro». «E’ un atto dovuto», rimarcavano fonti della maggioranza. Grilli non sarebbe ben accolto in Banca d’Italia, sia dal vertice (dove ci sarebbero dimissioni) sia dai quadri dirigenti; verrebbe sentito come una sconfessione della linea fin qui seguita (tra i sostenitori di Grilli ci sono alcuni banchieri che desiderano una Banca d’Italia meno severa). La nomina del governatore è compito congiunto del presidente della Repubblica e del governo. Giorgio Napolitano preferirebbe che si seguisse il consiglio di Draghi per una soluzione interna, promuovere l’attuale numero 2 Fabrizio Saccomanni; ma soprattutto il Quirinale è preoccupato perché il governo non ha nemmeno iniziato la complessa procedura di nomina prevista dalla legge.