Federico Fubini, Corriere della Sera 16/06/2011, 16 giugno 2011
QUELLA VIA STRETTA DELL’EUROPA E DELL’FMI VERSO UN NUOVO AIUTO —
«Puoi sempre contare sugli americani perché facciano la cosa giusta, dopo aver provato tutto il resto». Fin dall’inizio della crisi greca, la massima di Wiston Churchill si è applicata regolarmente ai tedeschi, per ragioni peraltro comprensibili. L’ultima cosa di cui ha bisogno la cancelliera Angela Merkel è di vedersi spuntare a destra uno sfidante populista, pronto a cavalcare senza scrupoli il malcontento degli elettori per i salvataggi europei a loro spese. In Finlandia è successo, in Olanda anche, ma in Germania avrebbe un sapore decisamente diverso. Su Angela Merkel dunque si può contare perché faccia la cosa giusta, dopo aver detto e fatto tutt’altro. Dal primo momento la sua incendiaria riluttanza a tamponare la crisi si spiega con la determinazione a coprirsi le spalle. Un anno fa definì questo terremoto europeo «una lotta fra la politica e il mercato» in cui andava «riasserito il primato» della prima sul secondo. Dodici mesi più tardi, Merkel sta scoprendo che buona parte dei 77 miliardi di dollari di derivati di assicurazione sul debito greco sono stati venduti dalle Landesbanken: le banche pubbliche locali della Germania. Un’insolvenza di Atene dunque destabilizzerebbe (anche) il sistema bancario regionale tedesco, obbligato a indennizzato gli investitori. Allo stesso tempo, Merkel non può permettersi di continuare a tamponare le falle di Atene senza chiedere che anche banche creditrici private soffrano un po’. Di nuovo, la ragione è politica: gli istituti più esposti sulla Grecia si trovano in Francia e se questi non rinviassero le scadenze sull’incasso dei loro crediti, di fatto scatterebbe un trasferimento di risorse (via Atene) dai contribuenti tedeschi ai banchieri di Parigi. Il prezzo politico per Merkel sarebbe inaccettabile. È in questa selva di vincoli che nei prossimi giorni andrà aperta una via, che pare già delinearsi. Domani il consiglio dell’Fmi approverà l’esborso della nuova tranche degli aiuti già previsti un anno fa, l’Eurogruppo lo farà domenica. Entrambe le decisioni saranno condizionate al sì del parlamento di Atene al nuovo pacchetto di misure che -in teoria -dovrebbe riportare la Grecia sulla rotta di risanamento disegnata un anno fa. A meno di nuovi e possibili intoppi, è con questi fondi dall’Europa e dall’Fmi che i greci pagheranno la prossima scadenza del debito il 18 luglio; per ora dunque si conta di scongiurare ancora una volta il crac. A quel punto però resterà l’impegno di sostanza, quello a un nuovo piano da oltre 100 miliardi di euro che permetta a Atene di non tornare a finanziarsi sul mercato almeno fino al 2014. Servono seri impegni del governo sulle privatizzazioni (un contributo di 20-30 miliardi), 80 miliardi dall’Europa e dall’Fmi e uno sforzo delle banche creditrici, che dovrebbero rinviare di molto la data del rientro sui loro prestiti ai greci. Qui sono possibili soluzioni più punitive come chiede Merkel (ma farebbero scattare i pagamenti in derivati, una scintilla nella polveriera) o un rinnovo «volontario» dei crediti delle banche. Plausibile -non scontato -che la cancelliera finisca per fare come gli americani di Churchill e piegarsi. Perché tutti sanno che la Grecia non sta in piedi, ma ora l’Europa è troppo fragile per lasciarla cadere. Domani, si vedrà.
Federico Fubini