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 2011  giugno 16 Giovedì calendario

SCONTRI E VIOLENZE AD ATENE. PAPANDREOU: OGGI IL NUOVO GOVERNO

Mentre Bruxelles, cioè l’Unione Europea, discute e non decide, la Grecia brucia. Immagini e voci di qualche ora fa: con 25 mila persone che circondano il Parlamento greco, lo sciopero generale in corso, il fumo dei lacrimogeni e delle bottiglie molotov che aleggia sul centro di Atene e il rendimento dei titoli di Stato che si impenna come non mai, il primo ministro e leader socialista George Papandreou tenta le sue ultime mosse. Cioè offre le sue dimissioni al leader dell’opposizione conservatrice, apre le trattative per un governo di unità nazionale, vede le stesse trattative abortire sul nascere per il «no» degli stessi conservatori, annuncia un rimpasto di governo e infine comunica che oggi chiederà il voto di fiducia in Parlamento: una frenetica spirale di tentativi, finora andati a vuoto, per riportare un minimo di chiarezza nella situazione politica. «Se io sono il problema — avrebbe detto il premier secondo la Tv di Stato— non sono legato alla poltrona…» . L’opposizione, però, ha già indicato un’altra strada: elezioni anticipate, subito. A qualunque costo. Sono le mosse estreme della politica, dietro non c’è nient’altro. O almeno questo sembra pensare la Banca centrale europea, che lancia l’allarme sul rischio di contagio per il resto del continente. Tutti, ora, guardano a Bruxelles. Ma a Bruxelles, i ministri finanziari che l’altra notte avrebbero dovuto stabilire modi e tempi dell’ultimo piano di emergenza (nuovi aiuti ad Atene dai governi, ristrutturazione o meno del debito greco, ruolo delle banche nel salvataggio), non hanno trovato alcun accordo e si sono dati un altro appuntamento per il fine settimana: l’Europa che non riesce a decidere, appunto. E Atene che brucia, ma anche annaspa: quella di Papandreou era già una maggioranza ridotta a 5 voti, e per metà in rivolta; e a fine mese bisogna approvare in Parlamento il piano quinquennale di austerità senza il quale potrebbe non arrivare la prossima rata (a luglio) degli aiuti «vecchi» , quelli stanziati nel 2010 dalla Ue e dal Fondo monetario internazionale. Sono 12 miliardi su un totale di 110, ma adesso è come se fossero mille per la loro valenza simbolica. A chi gli chiedeva ieri se quei miliardi arriveranno, Amadeu Altafaj – portavoce del commissario Ue agli affari economici, Olli Rehn — ha risposto con uno scarno «sì» . Ma anche sul secondo piano di aiuti Ue, quello da 80-120 miliardi, si litiga. Il doppio vuoto decisionale ad Atene e a Bruxelles alimenta il circuito dell’incertezza, come le manovre politiche. L’opposizione greca ha detto che, qualunque governo nasca dalle trattative, come prima cosa dovrà rinegoziare proprio gli aiuti internazionali, strappare tagli meno severi alla spesa pubblica: anche se tutti sanno che, per Ue e Fmi, da negoziare non c’è più nulla. Atene ha dovuto promettere ieri, per riuscire a piazzare sui mercati i propri titoli di Stato, i rendimenti più alti mai offerti dai tempi dell’introduzione dell’euro. Lo spread, il divario di rendimento rispetto ai titoli decennali tedeschi, si è allargato fino a sfiorare la quota simbolica dei 1.500 punti base; e il «rischio default» è anch’esso rimbalzato, verso i 1.700 punti base. La febbre greca sale, i medici discutono in anticamera.
Luigi Offeddu