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 2011  giugno 16 Giovedì calendario

«UN GOVERNO DI CENTRODESTRA CHE REALIZZI L’AGENDA DRAGHI. SE SI VOTA, I POLI SARANNO TRE» - «A

forza di dire — come i suoi apologeti imponevano — che Berlusconi era il centrodestra, si rischia di pensare che, finito Berlusconi, in Italia verrà meno anche l’elettorato che gli (e mi) ha dato fiducia e consenso per tutti questi anni. Ho combattuto — e si è visto a che prezzo — il conformismo berlusconiano. Per le stesse ragioni, e per un senso di coerenza che malgrado le accuse non ho mai perduto, non posso iscrivermi al partito che individua in Berlusconi l’inizio e la fine dei problemi della politica italiana. Il mio obiettivo non era abbattere il centrodestra, ma impedire che si autoabbattesse. Non volevo fare morire il Pdl, ma farlo vivere davvero, perché avevo capito che anziché a una nascita stavamo assistendo da subito a un lenta agonia» .
Gianfranco Fini è nel suo studio di presidente della Camera. Riflette su quanto è accaduto nelle urne di maggio e giugno. E, prima ancora, sull’ultimo anno, forse il più duro della sua vita politica. Racconta, dopo mesi di silenzio, il «profondo dolore» per gli attacchi subiti «nel tentativo di distruggermi. Non ci sono riusciti» . Ribadisce «la scelta strategica del terzo polo» . Assicura appoggio a «un governo che adottasse l’agenda Draghi, le quattro o cinque priorità per il Paese» , ma non si fa illusioni: «Berlusconi dovrebbe fare un gesto d’amore per l’Italia e per il centrodestra. Ma non lo farà. E il governo collasserà, come un mobile pieno di termiti» . In tal caso, Fini si prepara a elezioni anticipate: con tre poli, senza «accordi neoulivisti tra forze unite solo dall’idea di sconfiggere Berlusconi» .
Presidente Fini, che cosa accade nel Paese?
«La maggioranza degli italiani ha espresso non solo un desiderio di partecipazione, ma una voce critica ancora più forte che alle Amministrative. Anche milioni di elettori del centrodestra hanno bocciato quattro leggi del governo, compresa la legge ad personam per antonomasia. Un chiaro segnale di sfiducia, su cui Berlusconi dovrebbe riflettere» .
Anche voi di Futuro e Libertà. Il legittimo impedimento l’avete votato. E la legge sull’acqua porta il nome di Ronchi.
«Infatti l’orientamento prevalente era il no ai due quesiti sull’acqua, per quanto fossimo coscienti che era una posizione ultraminoritaria nell’elettorato. È alle cronache la nostra contrarietà a estendere il legittimo impedimento ai ministri. Ma questo è un dettaglio. Che io abbia pagato un prezzo altissimo per la battaglia in difesa della legalità e contro ogni forma di impunità è sotto gli occhi di tutti» .
Berlusconi ha assunto toni più morbidi, non le pare?
«Non è difficile prevedere che il 22 giugno alla Camera il premier dirà che bisogna ripartire dal programma. Invece dovrebbe riconoscere che il programma del 2008 non c’è più. Perché la crescita è molto più bassa di quella prevista. Minimizzare, sostenendo che la sconfitta è dovuta al mancato taglio delle tasse, significa nascondere la testa sotto la sabbia. Si sta per chiudere una fase. Forse per certi aspetti si è già chiusa. Sento evocare lo spirito del ’ 94, e mi pare un segno di fine regime: tutti i regimi, quando muoiono, rimpiangono lo stato nascente. Oggi la reazione della società prefigura la crisi di un sistema; lo si chiami berlusconismo, o bipolarismo muscolare, o Seconda Repubblica» .
Cosa dovrebbe fare secondo lei Berlusconi?
«Un gesto di amore nei confronti dell’Italia e del centrodestra, un atto di rispetto verso tutti gli italiani: prendere atto che vivacchiare è difficile e dannoso per il Paese, e passare la mano. Ma non lo farà. E sarà un male. Gli elettori esprimono una protesta; tocca alla classe dirigente indicare soluzioni. Se si punta al galleggiamento, la protesta non si dirigerà solo verso il governo, ma verso le istituzioni, verso la politica» .
Quindi il 22 giugno non accadrà nulla?
«Il 22, no. Il governo mi ricorda un mobile pieno di termiti: all’apparenza solido, ma destinato a collassare d’improvviso. Oggi, però, Berlusconi non è in condizione di fare quel che dovrebbe. Non è nella sua natura. Anche quando ha raccolto un consenso vasto, l’ha sempre fatto contro un nemico: il comunismo, lo Stato inefficiente, i magistrati politicizzati, gli alleati infedeli, i "traditori". Ha alzato muri, mentre oggi si dovrebbero costruire ponti» .
Pensa a un nuovo governo di fine legislatura?
«Berlusconi ha sempre diviso. Oggi servirebbe un esecutivo imperniato nel centrodestra che ha vinto le elezioni, ma capace di parlare a tutti gli italiani, che puntasse sulle cose che uniscono anziché sulle tante che dividono le forze politiche. Penso all’agenda Draghi, alle priorità indicate dal governatore» .
Futuro e Libertà sosterrebbe un simile governo?
«Tutte le opposizioni sarebbero in difficoltà a dire no a un governo che chiudesse il libro dei sogni cui gli italiani hanno mostrato di non credere più, e affrontasse l’emergenza economica e morale che ormai è vicina. Anzi, forse è già qui. Quando un anno fa Berlusconi mi cacciò dalla sera alla mattina — e forse non si è mai reso conto del disastro che ha causato —, non avevo visto male nel dirgli che la crisi greca avrebbe avuto gravi ripercussioni sociali anche da noi. E che bisognava ridisegnare l’agenda di governo, spiegare al Paese la verità. A cominciare da quello che dice oggi Tremonti: non si possono tagliare le tasse in deficit» .
Eppure il Pdl sembra coalizzarsi proprio contro di lui, il solo che potrebbe aggregare una maggioranza più vasta.
«Il governo finora si è retto sul triangolo Berlusconi-Bossi-Tremonti. È di Tremonti il merito di non averci trascinato al Pireo. E il vero responsabile dei "tagli lineari", su cui sono stato e resto critico, è Berlusconi, che preferiva avere tutti i ministri scontenti— magari per giocarseli contro Tremonti — piuttosto che scegliere dove tagliare ancora di più e dove investire. Ora sia Berlusconi sia Bossi mettono sotto pressione il ministro dell’Economia, perché sanno che loro due usciranno dalla politica insieme» .
Quindi la Lega non farà saltare il banco?
«No, almeno finché comanda Bossi. È impensabile che Berlusconi esca di scena e Bossi no. Simul stabunt, simul cadent. La Lega si limiterà ad aumentare le sue provocazioni contro Roma capitale, contro gli insegnanti meridionali, contro il trasferimento dei rifiuti napoletani fuori dalla Regione, per citare solo gli ultimi esempi» .
Berlusconi perde. Ma Futuro e Libertà è sotto il 4%. Come se lo spiega?
«Lo davo per scontato. Le Amministrative sono il terreno più impervio per le forze neonate e più in generale per tutto il terzo polo. Alle politiche misureremo il grado di consenso del nostro progetto» .
Urso e Ronchi resteranno?
«Il nostro avvenire non dipende dal numero o dai nomi dei deputati. Dipende dal progetto politico che presenteremo agli italiani» .
In tanti, da ultimo Matteo Renzi, invitano Casini a lasciare l’alleanza con Fli. Il terzo polo è una scelta irrinunciabile?
«Sì. Il terzo polo non è una convergenza tattica: l’interesse dei singoli partiti sarebbe semmai di divaricarsi. È una scelta strategica, nell’interesse generale. Costruiremo un polo della nazione, che contrasti le spinte antiunitarie che ora si fanno sentire anche al Sud. Un polo del patriottismo repubblicano e del decoro istituzionale: basta delegittimare organi costituzionali e poteri dello Stato. Un polo della responsabilità, del dovere, del lavoro, che fermi il degrado morale di un Paese che va perdendo il senso del rispetto per gli altri. Un polo della politica economica e sociale all’insegna dell’equità e del realismo. Queste idee possono attrarre moltissimi elettori di centrodestra, e anche elettori che non sono ultrà di sinistra ma ai ballottaggi hanno votato Pisapia e de Magistris. Casini, Rutelli e io abbiamo storie diverse. Ma attorno ai nostri valori si può ritrovare un ampio arco di forze responsabili» .
Sino a riproporre in chiave nazionale l’alleanza tra terzo polo e Pd che ha vinto i ballottaggi in Sicilia?
«Mi pare chiaro che, se si andasse a votare ora, le coalizioni sarebbero tre. Resto un bipolarista. Ma non credo a un bipolarismo tra partigiani di Berlusconi e neoulivisti» .
Quindi per lei la partita si gioca a destra?
«La partita si gioca sul cambiamento. Il terzo polo dei moderati e dei riformisti deve mettere l’accento sul secondo aggettivo. Non si tratta di raccogliere voti pescando un po’ qua e un po’ là, senza scegliere mai e rischiando di finire come l’asino di Buridano. Si tratta di fare le riforme, di operare il cambiamento: cittadinanza, legalità, piano contro la precarietà e per il lavoro ai giovani. E laicità delle istituzioni; che non significa mancare di rispetto alla Chiesa» .
Andrebbe cambiata anche la legge elettorale? E come?
«Certo. Occorre innanzitutto restituire agli elettori la possibilità di scegliere i loro rappresentanti. Ora si comincerà a parlarne. Ma l’obiettivo mi pare difficile. Perché a Berlusconi la legge sta bene così com’è. Torna d’attualità lo scopo con cui fu fatta nel 2006: costruire un ombrello per attutire la sconfitta» .
Non pensa che lei avrebbe fatto meglio a lasciare la presidenza della Camera, per guidare il partito, anche nelle campagne elettorali?
«No. La campagna elettorale è già cominciata. Ma i partiti non sono più quelli di qualche anno fa. L’organizzazione conta di meno, i contenuti di più. Come per l’informazione: conta meno controllare il Tg1, conta di più la discussione sulla rete» .
A proposito, Fli si era dato da fare, ma poi vi siete ridimensionati. Perché?
«Lei non ha idea di quanta gente è venuta a confidarmi: "Mi devi scusare, ma mi hanno detto che non è opportuno continuare a sostenerti..."» .
Che cosa le resta della lunga estate delle polemiche?
«Meraviglia e turbamento per i livelli che si sono raggiunti. Se vieni individuato come nemico, tutto è lecito per distruggerti. Invece sono ancora qua; sia pure a prezzo di molto dolore. E adesso viene fuori che il problema non ero io; erano gli errori che denunciavo, nella totale sordità di chi raffigurava Berlusconi come il grande timoniere» .
Aldo Cazzullo