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 2011  giugno 16 Giovedì calendario

LA SCELTA DI MARCHIONNE

Giovanni Agnelli diceva che si comanda uno alla volta. Perciò, adesso, l’unico esponente della famiglia titolato a fare pubbliche dichiarazioni è John Elkann. E tuttavia capita che altri, privatamente, esprimano il loro parere. Mi è così arrivata, da un membro della famiglia che sa di che cosa parla, una mail assai eloquente di quel che si dice e si sente nella compagine azionaria di riferimento della Fiat.
La trascrivo nella forma consentita: «Quando eravamo bambini, Ferragamo era un negozio di Firenze dove le mamme andavano a comprarsi le scarpe. Adesso, è una società per azioni che si prepara a collocarne una parte in Borsa sulla base di una valutazione complessiva del capitale pari a 2,3 miliardi di euro. Questa somma è analoga al valore attuale della Giovanni Agnelli & C., la società in accomandita per azioni cui fa capo la Fiat. Ferragamo fattura 7-800 milioni di euro, noi siamo ormai vicini ai 100 miliardi di dollari».
Naturalmente questo socio dell’accomandita sa bene come i Ferragamo abbiano il controllo diretto della ditta, mentre la sua famiglia ha il 59% della finanziaria Exor, la quale ha il 30% della Fiat Industriale e della Fiat Spa, che a sua volta possiede il 52% della Chrysier. Concede, dunque, senza problemi che il valore della holding al vertice della vasta piramide subisca uno sconto per ogni gradino. E tuttavia così conclude: «I paragoni contabili tra noi e i Ferragamo sono materia per definizione opinabile, ma non si può contestare che la dicano comunque lunga sul disastro finanziario che l’aver voluto conservare il controllo della Fiat ha rappresentato per un investitore puro. Dico investitore puro, che è altra cosa rispetto a chi eventualmente possa aver estratto i benefici privati del controllo». Laddove i benefici privati del controllo si riassumono nel ruolo pubblico straordinario che l’essere il presidente della Fiat ha assicurato per mezzo secolo a Giovanni Agnelli.
Il re senza corona dell’Italia repubblicana non avrebbe mai potuto, da vivo, rinunciare alla presa diretta sulla Fiat. Perciò rifiutò gli interessanti accordi con Ford (1986) e Daimler (2000) che prevedevano la cessione della sovranità sull’impero.
Se questo è lo stato d’animo, si può comprendere come gli Agnelli si siano tanto legati a Sergio Marchionne, che ha garantito alla Fiat l’acquisizione della Chrysier e a loro la prospettiva di diluire l’impegno nell’auto e di recuperare "qualcosa" sul valore dell’azione.
Massimo Mucchetti