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 2011  giugno 16 Giovedì calendario

CRUCIANI Massimo

CRUCIANI Massimo Roma 15 agosto 1948. Grossista di frutta (negozio in via Portuense 717), il 1° marzo 1980 con la sua autodenuncia fece scoppiare insieme al ristoratore Alvaro Trinca lo scandalo del “calcio scommesse” • Il primo marzo 1980 il penalista Goffredo Giorgi presentò all’ufficio denunce della Procura di Roma l’esposto di Cruciani e Trinca. amici di alcuni giocatori e raccoglitori di fortissime giocate al totonero: i due chiedevano giustizia perché il mancato rispetto di alcune promesse non aveva fatto finire le partite come preventivato costringendoli ad accumulare ingenti debiti con gli allibratori. Scrisse Trinca in un memoriale pubblicato sull’Espresso nell’aprile 1980: «[...] Fui io a convincere Massimo Cruciani (un amico che era il fornitore di frutta del mio ristorante, con lui dividevo molte delle mie conoscenze sportive) a percorrere la mia stessa strada: qualche tempo dopo anche lui cominciò a scommettere. [...]» (per un più ampio stralcio vedi TRINCA Alvaro). Il 4 marzo 1980 l’ex giallorosso Carlo Petrini, uno dei sei giocatori del Bologna denunciati, ammise di conoscere Cruciani: «Tutti quelli della Lazio e della Roma lo conoscono perché Cruciani è uno di quei personaggi che cercano amicizie fra i giocatori» (e. m., “La Stampa” 5/3/1980) • Trinca fu arrestato il 9 marzo, Cruciani si costituì il 12 (tornarono in libertà il 31 marzo), il 23 marzo (al termine delle partite) furono messe le manette a 12 giocatori (11 “catturati” negli spogliatoi”) e al presidente del Milan Felice Colombo (tutti liberati il 3 aprile) • Durante la permanenza in carcere, Cruciani raccontò tra l’altro: «Il sabato precedente Bologna-Juventus Petrini mi telefonò e mi disse di puntare per conto suo e dei compagni di squadra quanto più potevo sul pareggio. Egli, Savoldi, e Colomba, coi quali parlai al telefono, oltre che Paris, mi riferirono che vi era un accordo fra le due società del quale erano a conoscenza giocatori, allenatori e dirigenti, per un risultato di parità». Tutti gli interessati smentirono Cruciani, il quale disse di aver registrato la telefonata ma di aver distrutto il nastro «perché mio padre lo aveva fatto ascoltare al giudice sportivo De Biase e credevo sarebbero sorte complicazioni» (“La Stampa” 27/4/1980). La partita (13 gennaio 1980), era finita 1-1, decisiva un’autorete di Brio al 69’. Il 24 maggio 1980 Cruciani non si presentò alll’udienza del processo sportivo presso la federcalcio in cui avrebbe dovuto testimoniare su tre partite tra le quali Bologna-Juventus. Scrisse il giorno dopo il “Corriere della Sera”: «C’è un nuovo giallo che ha per protagonista Massimo Cruciani, uno dei due accusatori romani, la cui deposizione nella prima parte del processo ha compromesso la posizione di Paolo Rossi, squalificato per tre anni. Risulta che, nella notte fra venerdì e sabato, Cruciani avrebbe pernottato in un albergo del centro di Milano. Cruciani, quindi, sarebbe giunto da Roma a Milano per deporre davanti alla Commissione disciplinare relativamente alle tre partite in discussione, ma avrebbe poi cambiato sorprendentemente idea, decidendo di rientrare a Roma senza presentarsi nell’aula del tribunale calcistico. Aumentano quindi i sospetti su questa improvvisa defezione dell’amico di Alvaro Trinca, il quale proprio davanti alla Commissione disciplinare ha ironizzato pesantemente sull’assenza di Cruciani». Il 26 maggio la Juve fu assolta. Petrini ha raccontato la sua versione dei fatti nel libro Nel fango del dio pallone (riferimento al 23 maggio 1980, mentre era in corso il processo sportivo): «Al termine della seduta di quel venerdì, poco dopo le ore 14, mi si avvicinò il presidente juventino Boniperti accompagnato dall’avvocato Chiusano: disse che voleva parlarmi in disparte, andammo nell’ufficio-box della società bianconera all’interno della Federazione. A quel punto Boniperti disse: “Petrini: è nell’interesse di tutti - nostro, ma anche suo - che domani Cruciani non venga in aula a testimoniare. Noi rischiamo la retrocessione in serie B, ma lei rischia la radiazione... Bisogna rintracciare Cruciani e convincerlo a non presentarsi”. Poi il presidente juventino aggiunse: “Gli dica e gli prometta quello che vuole, ma lo convinca a non essere qui domani... Se lei darà una mano a noi, poi noi daremo una mano a lei”. Non la feci tanto lunga: ero così solo e disperato che per avere “una mano” dalla Juve avrei fatto qualunque cosa. Risposi: “Ci provo, anche se non ho la minima idea di dove sia adesso Cruciani”. “Si sbrighi a trovarlo”, concluse Boniperti, “ci sono solo pochissime ore di tempo... Gli dica pure che ha parlato con noi, e gli prometta quello che vuole”. Raggiunsi Savoldi, Colomba, Dossena, Paris e Zinetti, che si erano fermati ad aspettare che finissi di parlare con il presidente della Juve, e appena uscimmo dalla sede della Federazione gli riferii quello che mi aveva detto Boniperti. In effetti conveniva anche a noi che Cruciani, l’indomani, non si presentasse in aula. Così andammo tutti di corsa al mio albergo, e io cominciai a cercare Massimo. Erano da poco passate le 15. Feci qualche telefonata a Roma, ma senza fortuna: nessuno sapeva dirmi dove fosse. Allora chiamai l’amico Roberto, e gli chiesi di aiutarmi a rintracciare Cruciani al più presto. Aspettai insieme agli altri cinque fino alle 18 passate. Poi finalmente l’informatore romano si fece vivo: Cruciani era in un albergo di Milano, mi diede il telefono. Lo chiamai, dissi che gli dovevo parlare di una cosa urgente e importante, se era disposto a incontrarmi; mi rispose di sì. Lo pregai di aspettare: l’avrei richiamato nel giro di pochi minuti per dirgli il posto dell’appuntamento, Dove avremmo potuto incontrarci, senza essere visti? Intervenne Beppe Dossena: “Mia madre abita a due passi da San Siro, vicino al cancello numero 5... La sera è un posto deserto”. Richiamai Cruciani: ci accordammo per incontrarci alle ore 23 davanti al cancello numero 5 dello stadio di San Siro. Verso le 20 io, Beppe e Colomba arrivammo a casa della signora Dossena. La padrona di casa ci preparò la cena, arrivò anche la fidanzata di Beppe. Ero nervosissimo, come se di lì a poco avessi dovuto fare una rapina. Era fine maggio, una serata afosa, per cui c’era chi passeggiava intorno allo stadio: il rischio che qualcuno riconoscesse me o Cruciani, o tutti e due, mentre ci parlavamo, era concreto. Dopo averne discusso a tavola, decidemmo che sarei andato all’appuntamento travestito. Sistemammo un piccolo cuscino in una maglia della signora Dossena per ingobbirmi e me la infilai; poi indossai un vecchio pastrano del padre di Dossena, e inforcai un paio di occhiali da vista. Ripensandoci oggi, mi sembra tutto assurdo: conciato in quel modo rischiavo di attirare l’attenzione, invece di allontanarla. Ma le cose andarono proprio così. Quando si avvicinò l’orario dell’appuntamento la signora Dossena e la fidanzata di Beppe fecero da staffette: fingendo di portare a spasso il cane, si incamminarono verso il cancello numero 5. Io le seguii a distanza: morivo dal caldo, il cuore mi batteva come un tamburo, avevo una paura fottuta. Aspettai cinque-dieci minuti, poi davanti al cancello 5 arrivò un taxi, dal quale scese Cruciani. Mi guardai intorno, poi lo avvicinai: “Massimo!’. Lui mi osservò incredulo: «Ma come cazzo te sei combinato!”, esclamò con la sua calata romanesca. Cominciammo a passeggiare, Beppe e Colomba ci seguivano a una cinquantina di metri. Riferii a Cruciani quello che mi aveva detto Boniperti: l’indomani non si doveva presentare al processo, gli dissi che se non fosse andato a testimoniare quelli della Juve gli avrebbero fatto avere 70 milioni. Mi aspettavo che lui non credesse subito alle mie parole, invece disse: “Va bene... domani sparisco. Ma dije un po’ che me devono pagà bene, sennò ritorno e ve faccio neri a tutti quanti!”» • Il 2 dicembre 1980 a Roma, in una sosta del processo scommesse in corso nella palestra del Foro Italico, Cruciani fu protagonista di una zuffa con l’ex “compare’ Fabrizio Corti e il fratello di questi. Mentre si stava recando al bar, il fruttivendolo non reagì all’insulto «perditore», al che il rivale gettò a terra una moneta e gli disse: «Quando ti arresteranno per estorsione? Questi devi raccogliere di soldi». Qundi, dopo un’offesa a mamma Cruciani, Corti incalzò: «Quando ti deciderai a tirare in ballo Negrisolo?» (Piergiorgio, ex portiere della Roma, ndmp) ricevendo per risposta «Chi, quello che frequentava tua moglie?». A quel punto i fratelli Corti gettarono a terra Cruciani e lo colpirono ripetutamente con calci alle gambe e al torace. Due giorni prima Cruciani aveva raccontato in tribunale: «I pagamenti agli allibratori li ho sempre effettuati attraverso Corti» (Mario Bianchini, “La Stampa” 3/12/1980) • Il 21 dicembre del 1980 la quinta sezione del Tribunale penale di Roma assolse tutti i 38 gli imputati (35 tesserati della federazione e tre scommettitori, Trinca, Cruciani e l’amico Cesare Bartolucci) in quanto non fu riconosciuta la truffa ai danni di chi aveva scommesso (La Gazzetta dello Sport - 110 anni di gloria, volume 17, 1980-1981).