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 2011  giugno 16 Giovedì calendario

SADDAM INVASE IL KUWAIT MA LA COLPA NON FU SOLO SUA

Leggendo l’autobiografia di Richard Branson «Il business diverte» , editore Tecniche Nuove, sono venuto a conoscenza di un aspetto della guerra in Iraq di cui non ero a conoscenza e di cui non mi ricordo di aver letto niente in proposito nei giornali dell’epoca. Scrive Branson a pagina 259: «Quando Saddam Hussein invase il Kuwait, re Hussein di Giordania fu uno dei pochi leader mondiali che si rifiutarono di condannarlo su due piedi. Faceva notare che il Kuwait aveva promesso all’Iraq alcuni pozzi petroliferi come parte del contributo per la lunga guerra sostenuta contro l’Iran, ma che poi si era sempre sottratto all’impegno e non aveva neppure rispettato le quote Opec...» . Mi sorgono spontanee alcune domande. Come mai sui giornali dell’epoca non è stato riportato questo comportamento scorretto del Kuwait? Come mai l’Arabia Saudita e l’Opec non sono intervenuti sul Kuwait per fargli rispettare l’impegno contratto?
Enrico Gessner
Enrico.Gessner@enka.de
Caro Gessner, quando gli Ayatollah conquistarono il potere a Teheran, il Kuwait temette per la propria indipendenza. Aveva una minoranza sciita (ufficialmente il 30%) di cui l’Iran avrebbe potuto servirsi come di una quinta colonna. Era piccolo, vulnerabile e sapeva di non potere più contare, come in passato, sulla protezione della Gran Bretagna. Quando l’Iraq aggredì l’Iran nel 1980, decise quindi di stare dalla parte del primo e di garantirgli prestiti che gli avrebbero consentito di fare fronte alle spese del conflitto. Si potrebbe sostenere che la lunga guerra di Saddam contro l’Iran — otto anni — fu combattuta anche nell’interesse del Kuwait e che il piccolo emirato della famiglia Sabah avrebbe dovuto dare prova di una certa gratitudine. Ma le cose andarono molto diversamente. Quando l’Iraq lo accusò di estrarre quantità di petrolio superiori alle quote fissate dall’Opec e di contribuire in tal modo alla caduta del prezzo sui mercati internazionali, il Kuwait non gli diede retta. Quando Saddam chiese di rinegoziare l’accordo sui prestiti a lui concessi durante la guerra, il governo dell’emiro continuò a esigerne il rimborso. E quando Saddam, irritato, replicò sollevando la questione dei confini (un problema irrisolto che la Gran Bretagna, al momento della decolonizzazione, aveva lasciato in eredità ai successori), il Kuwait rifiutò qualsiasi discussione. Durante un vertice arabo a Baghdad, nel maggio del 1990, Saddam dichiarò che un dollaro di meno nella quotazione internazionale del petrolio significava per l’Iraq la perdita annuale di un miliardo, e aggiunse: «Le guerre si combattono con i soldati (...). Ma si può fare del male anche con mezzi economici (...). A coloro che non intendono fare la guerra all’Iraq, ricordo che anche questa è guerra» . Ma il Kuwait e gli Emirati Arabi Uniti continuarono imperterriti a vendere quantitativi di petrolio che superavano del 30 o 40%le quote fissate dall’Opec. L’Arabia Saudita, che considerava l’Iraq un potenziale rivale, stette a guardare. Questo non significa, caro Gessner, che Saddam Hussein fosse innocente. L’invasione del Kuwait fu una brutale violazione del diritto internazionale. Ma le responsabilità della guerra non furono soltanto sue.
Sergio Romano