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 2011  giugno 16 Giovedì calendario

AMICI E DENARO, IL POTERE SEGRETO DEL GIALLISTA —

Fosse il personaggio di un film grottesco, potrebbe ricordare il fantomatico protagonista di una celebre pellicola di Nanni Loy: «Mi manda Picone» . Ma siccome siamo nella realtà, niente può spiegare chi sia Luigi Bisignani meglio di quanto egli stesso abbia fatto davanti ai pubblici ministeri Francesco Curcio e Henry John Woodcock: «Sono una persona con una rete di contatti e di conoscenze pressoché infinita. Quando ci sono delle decisioni importanti da prendere il mio parere viene ascoltato» . Quali sono queste «decisioni importanti» ? Per esempio, le nomine pubbliche. Ma perché debbano essere ascoltati i suggerimenti di questo signore «piccolo e scattante» come «un furetto» , per citare una folgorante metafora di Alberto Statera, rimane un mistero profondo. Come misteriosa è la merce che lo fece diventare allora intimo di Giulio Andreotti e ora temuto e rispettato da manager pubblici, capi di partito e ministri. Bisignani non è un capitano d’industria. Né un grande finanziere. Tanto meno un politico influente. Figuriamoci: semmai è lui a influenzare i politici. I giornali hanno rivelato che si sarebbe perfino adoperato per far saltare il veto di Gianfranco Fini alla nomina di Daniela Garnero Santanché nel governo. Sul Fatto Quotidiano Gianni Barbacetto ha scritto che «definirlo consulente di palazzo Chigi è impreciso da un punto di vista formale. E non è bella— ha aggiunto —, neppure la battuta che circolava a Roma, secondo cui Bisignani era stato nominato da Silvio Berlusconi sottosegretario di Stato per interposta persona» . Alludendo così a una sua presunta trascorsa liason con la sottosegretaria al Programma. Certo è che il suo nome continua ad aprire tante porte. Per esempio, hanno scritto i giornali, quella del braccio destro del premier, Gianni Letta. E la «ditta» , come secondo Emiliano Fittipaldi dell’Espresso è chiamato in gergo il suo ufficio romano, lavora a pieno ritmo per dispensare consigli, mediazioni, favori. È stato un servizio di Paolo Mondani per la trasmissione Report di Milena Gabanelli a rivelare il ruolo determinante avuto da Bisignani in una delle operazioni più clamorose che abbiano coinvolto negli ultimi anni un’azienda pubblica: la vendita di Wind da parte dell’Enel al magnate egiziano Naguib Sawiris. Figlio di un ex alto dirigente della Pirelli, lui è uno dei rari milanesi che hanno scelto Roma per realizzarsi negli affari. Anche se affari un po’ particolari. La sua carriera comincia alla macchina da scrivere: giornalista dell’Ansa. Giovanissimo diventa capo ufficio stampa di un potente ministro democristiano. Si chiama Gaetano Stammati e nel maggio 1981 il suo nome sarà scoperto dai giudici Gherardo Colombo e Giuliano Turone negli elenchi della P2 di Licio Gelli. Ma nei libroni di Castiglion Fibocchi a quanto pare c’è anche lui, il ventottenne Luigi Bisignani, accanto a ministri, direttori di giornali, alti papaveri militari e a un signore che diventerà presidente del Consiglio, allora qualificato soltanto come «apprendista muratore» . Una specie di affronto, per Silvio Berlusconi. Che rievocherà: «Ricevetti la tessera di apprendista muratore. Dissi di rimandarla indietro. Mi fanno Grande Maestro o niente!» . «Gigi» per gli amici, tifoso della Lazio, ha anche un fratello maggiore piuttosto noto: Giovanni «Nanni» Bisignani, classe 1946, alto dirigente dell’Iri. Questi diventa amministratore delegato dell’Alitalia mentre il fratellino trasloca alla Ferruzzi, con l’incarico di capo delle relazioni esterne. Da cronista, intanto, il giovane Bisignani si è evoluto in scrittore di spy story. Il suo Nostra signora del Kgb, pubblicato da Rusconi, merita una recensione del presidente del Consiglio Andreotti. Nientemeno. Ma sono gli anni di Tangentopoli e «Gigi» finisce anche nei guai: si bec- ca una condanna a 2 anni e otto mesi. I magistrati ricostruiscono che attraverso le sue mani è passato un pezzo del mazzettone Enimont. Il perché lo spiega Carlo Sama ai giudici: «Aveva buone entrature nello Ior, cioè nella banca del Vaticano... l’incarico di Bisignani era quello di permettere il collegamento con lo Ior per la negoziazione dei titoli (i Cct nei quali venne riconvertita parte della tangente, ndr) e la successiva collocazione presso i politici di riferimento» . Definire «buone» le entrature allo Ior del capo della comunicazione dei Ferruzzi, tuttavia, è un eufemismo. Nel suo libro Vaticano spa, Gianluigi Nuzzi ha rivelato come alla banca del Vaticano «Gigi» fosse di casa: al punto da riuscire ad aprire nell’ottobre del 1990, con l’aiuto del cardinale Donato de Bonis, già segretario di Paul Marcinkus, un conto riservatissimo intestato a una fondazione americana, che sarà al centro di un vorticoso giro di denaro. Molti particolari di quella sordida vicenda della tangente Enimont sono ancora avvolti nella nebbia. Ma fra i personaggi che ne sono rimasti segnati non c’è Bisignani. Per lui è stato appena un vecchio incidente di percorso che non ne ha affatto intaccato l’incredibile sfera di relazioni. Oggi ha una società di consulenza, la Four consulting srl e una partecipazione nella Italian brakes, ditta che produce freni nata da una joint venture fra alcuni privati napoletani e il gruppo Iri. «Gigi» è un tessitore instancabile. E più i fili si spezzano, più lui riannoda. E tesse. Per anni. Passano i governi, nascono e muoiono i partiti: ma politici, ministri, uomini d’affari, tutti finiscono di volta in volta nella sua rete. E pazienza se il suo nome salta fuori di volta in volta associato a qualche faccenda misteriosa. Lui fa sempre lo sportivo. Anche se con Dino Martirano del Corriere della Sera, che nel 2007 lo interpellava a proposito dell’inchiesta del pm Luigi de Magistris nella quale era comparso il suo nome, si è sfogato: «Non ho mai messo piede in una loggia massonica. Chissà chi mi ha coinvolto in questa storia che mi perseguita da quando facevo il giornalista» . Una persecuzione che arriva ora fino agli arresti domiciliari. E magari Bisignani, da scrittore di gialli, ha già in mente un finale.
Sergio Rizzo