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 2011  giugno 16 Giovedì calendario

IBM, L’IMPERO HI-TECH HA CENT’ANNI

Cent’anni di storia, 100 miliardi di dollari di fatturato, 200 miliardi di capitalizzazione di Borsa. È una storia più unica che rara quella di Ibm, una delle pochissime società hi-tech ad aver superato i 100 anni di vita in piena salute, pronta a raccogliere le sfide di un settore in rapida evoluzione dove innumerevoli rivali con ottimi prodotti sono state costrette a chiudere i battenti o essere ingoiate da giovani concorrenti.

Oggi Ibm punta sull’informatica mobile e il cloud, sta per scegliere un nuovo amministratore delegato tra una donna (Virginia Rometty) e un afroamericano (Rodney Adkins), e si prepara a entrare in una nuova fase di sviluppo con un valore di mercato più che raddoppiato rispetto a cinque anni fa. Ha macinato profitti trimestre dopo trimestre durante due anni di grave recessione e due anni di ripresa anemica, e le sue quotazioni sono salite dai 70 dollari del giugno 2006 ai 160 di oggi. Non sono molte le aziende che possono vantare altrettanto.

Il segreto del successo è sempre stato quello di adattarsi ai cambiamenti del mercato. Dopo tutto Ibm era nata il 16 giugno 1911 dalla fusione di quattro piccole società che producevano macchine per la tabulazione e la contabilità (oltre che bilance e affettatrici), unite dal businessman Charles Ranlett Flint sotto il nome di Computing Tabulating Recording Company (CTR). Il suo sviluppo è tuttavia legato all’arrivo nel 1914 dell’amministratore delegato e presidente Thomas Watson, l’uomo che coniò lo slogan THINK, raddoppiò il fatturato in quattro anni, promosse l’espansione in Europa, in Sudamerica, in Australia e in Asia, e nel 1924 cambiò il nome dell’azienda nell’ambizioso International Business Machines.

Il primo grande colpo di fortuna per Ibm fu il varo del sistema pensionistico americano, che dal 1937 richiese l’adozione di soluzioni di gestione amministrativa per tutte le aziende. Ma il successo arrivò con il primo computer, «la più audace scommessa della storia aziendale, costata all’epoca 5 miliardi di dollari», secondo l’attuale ad Sam Palmisano. Nel 1957 Ibm mise a punto il linguaggio «Fortran» per la programmazione, nel 1964 iniziò a vendere un computer mainframe, l’Ibm System/360, e nel 1981 inauguro’ l’era dell’informatica di massa con il primo Pc.

Il cammino di Ibm non è stato però sempre facile. Anzi l’azienda era stata data quasi per spacciata a metà anni ’80 per aver capito troppo tardi l’evoluzione del mercato dai mainframe ai server, ha detto Palmisano in una recente intervista a Forbes. La società fu salvata da Lou Gerstner, che ne cambiò il volto: da società di hardware, a società di servizi informatici e software. L’evoluzione è stata realizzata senza traumi a livello manageriale: Ibm può vantare una delle forze lavoro più stabili d’America. Nei suoi cent’anni ha avuto solo nove amministratori delegati.

Il prossimo Ceo dovrà navigare un altro periodo di incertezza economica. Ma forse potrà guardare al passato per cercare la chiave del successo. «La formula è la stessa che nel dopoguerra – dice Palmisano –. Entrare in nuovi mercati e espandersi all’estero».