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 2011  giugno 16 Giovedì calendario

DALLE SPY STORY AL CASO ENIMONT: 30 ANNI SOTTO L’OMBRA DEL POTERE

«Non capisco perché nel libro ci debbano essere tutte quelle scene di sesso...». Scherzava da par suo Giulio Andreotti, sul palco del teatro romano quel pomeriggio del 1988. Si presentava "Il Sigillo della Porpora", spy story del giornalista Luigi Bisignani, già all’epoca intimo del leader democristiano. Il giovane era destinato a lasciare presto il posto di cronista dell’Ansa, per lui era chiaro che si sarebbero aperte nuove porte nonostante c’era chi puntava sul suo futuro di scrittore. Tanto che qualche giornale parlò della nascita del nuovo Ken Follett.

Il suo volto fino ad allora era sconosciuto ai più. Ma non il suo nome, che già nel 1981 era stato trovato negli elenchi della P2 a Castiglion Fibocchi, una affiliazione quella alla loggia di Licio Gelli da lui sempre negata. L’indagine tuttavia lo indica non come un semplice massone, ma addirittura un reclutatore di affiliati, nonostante all’epoca avesse appena 28 anni. Ma sta di fatto che da un trentennio il nome di Bisignani è associato alla gestione del potere, tanto che - come riportato di recente da L’Espresso - lo stesso Silvio Berlusconi pare abbia detto di lui: «È il più potente in circolazione, dopo di me». 57 anni, figlio di un alto dirigente della Pirelli in Argentina, "Gigi" da sempre si aggira nelle vie secondarie del centro di Roma tra piazza Mignanelli, dove ha il quartier generale, e piazza Colonna, spesso con sosta per il pranzo in una nota trattoria toscana di Via della Vite. Uomo di relazioni trasversali, ma con una netta predominanza un tempo nella Dc e nel Psi - nel 1976-79 è portavoce del potente ministro democristiano Gaetano Stammati, pure P2 - e poi, con la seconda Repubblica, nel centrodestra. Cui aggiunge un formidabile reticolo anche tra gli alti gradi della burocrazia e delle stellette. Significativo quanto rivelato dallo stesso Bisignani ai pm di Napoli: nei mesi scorsi ammise di aver organizzato un incontro fra il candidato alla direzione dell’Aise, generale Adriano Santini, e il presidente del Copasir, Massimo D’Alema. Ma, come poi emerso, fra la richiesta e la visita (avvenuta il 9 febbraio 2010) passò del tempo, e così quando l’appuntamento si realizzò il generale Santini era stato nominato da cinque giorni al vertice dei servizi militari, sebbene non ancora nell’esercizio delle funzioni. Un potere esercitato, a quanto pare, dal vertice di una lobby denominata "La Ditta", in singolare assonanza con la ben più famosa "Cricca", quella della P3. Una cosa sembra sia sempre stata chiara a Bisignani: il potere si esercita lontano dalle luci della ribalta, che lui ha sempre rifuggito in ogni modo. Quindi niente feste o premiazioni, massima discrezione anche negli spostamenti, visto che come auto blu pare abbia un taxi sempre a sua disposizione, come pare facesse negli anni ’70 anche l’industriale Nino Rovelli quando da Milano calava a Roma. Con l’inchiesta di Milano arriva il suo coinvolgimento nella maxitangente Enimont. L’ordine di arresto gli piomba addosso sei mesi dopo la sua nomina a direttore delle relazioni esterne del gruppo Ferruzzi e direttore della sede di Roma: l’accusa è di violazione della legge sul finanziamento pubblico dei partiti. Bisignani tuttavia quel giorno è all’estero e si costituirà un anno dopo, quando era già noto ai magistrati del pool che aveva fatto da intermediario con lo Ior per la trasformazione in contanti di 92 miliardi in Cct da utilizzare per il pagamento di tangenti. La sentenza definitiva per l’intera vicenda arrivò nel 1998: 2 anni e 6 mesi. Una condanna che gli è costata anche la radiazione dall’albo dei giornalisti. Con gli anni rinsalda il rapporto con Gianni Letta, stringe un solido legame - anche personale - con Daniela Santanchè, e rafforza la sua influenza su una discreta fetta dell’entourage politico-manageriale che ruota attorno a Berlusconi. Tanto che qualcuno ha parlato - ma la cosa non troverà mai conferma - di un numero telefonico di Palazzo Chigi a lui riconducibile. Molti ministri sono considerati suoi amici o a lui più o meno legati - tra gli altri Carfagna, Gelmini, Prestigiacomo - così come un numero imprecisato di manager pubblici e banchieri. Consolidato il rapporto con Paolo Scaroni (Eni), eppoi Cesare Geronzi, Pierfrancesco Guarguaglini (Finmeccanica) e Mauro Masi. A cui si aggiungono alcuni prelati di Curia. Il suo nome è finito anche nell’inchiesta dei pm Colombo e Boccassini sull’Alta Velocità e, anni dopo, in «Why not», l’indagine dell’attuale sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, allora pm a Catanzaro.