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 2011  giugno 16 Giovedì calendario

BERSANI SULL’ACQUA ADESSO DICE «NO»


Come solo i migliori avvoltoi sanno fare, appena chiuse le urne referendarie sulla preda ancora calda è planato Pier Luigi Bersani. Appena certo il quorum l’avvoltoio si è preso fra gli artigli il risultato politico di quella vittoria. Sono bastate poche ore e il Pd ha iniziato a prendersi anche il resto. Hanno stabilito loro il vero significato del voto, hanno cominciato ad offrire soluzioni ai guai provocati dal sì sull’acqua, hanno rassicurato i loro amministratori spiegando che di caso in caso si deciderà se il servizio idrico sarà pubblico, a partecipazione mista pubblico privata o affidato interamente ai privati. Bersani ha rispolveratola legge del Pd sull’acqua e di fronte alle prime contestazioni tutto lo stato maggiore del partito (in testa Massimo D’Alema) ha cominciato a dire che sull’acqua bisogna tenere conto delle direttive della Unione europea che l’Italia deve applicare. E hanno spiegato che il bene pubblico non è in discussione, ma sul servizio bisogna liberalizzare. Il Pd ha alzato parecchio fumo, ma la sostanza è questa: in pochi minuti ha già scippato a più di 25 milioni di italiani i due referendum sull’acqua. Perché è chiaro cosa significhi liberalizzare un servizio in mano all’ente pubblico: ammettere il privato in gara, e quindi privatizzare. L’esatto contrario di quello che hanno sceltogli italiani con il loro voto di domenica e lunedì scorso. È in corso lo scippo referendario più rapido della storia. Ed è un errore. Non solo sotto il profilo della legittimità (non è giusto tradire così il responso delle urne). È anche un errore politico grave, che il Pd come altri partiti che volessero emulare Bersani rischiano di pagare caro non comprendendo cosa ha mosso gli italiani nel referendum.
Gli avvoltoi di queste ore dicono: «Va bene, italiani. Avete votato sì e ci avete fatto vincere. Noi abbiamo contribuito in modo determinante alla vittoria. Grazie. E adesso, scusate. Toglietevi di torno, perché dobbiamo lavorare. E trovare una soluzione ad esempio per migliaia di nostri sindaci e amministratori che hanno qualche problema con quel referendum sull’acqua. Naturalmente la nostra soluzione terrà conto delle vostre indicazioni».
Domenica scorsa non sono andato a votare, come avevo spiegato su Libero quel giorno. Non ho votato perché temevo – come è accaduto negli ultimi 20 anni – che quel referendum fosse una truffa. E purtroppo il film che sto vedendo ora con attore protagonista il Pd mi conferma quei timori. Come sempre la casta che magari si mette a giochicchiare con i referendum li sfrutta a proprio vantaggio e poi tratta milioni di italiani da mentecatti. Dentro sé pensa che in fondo non sapevano cosa avevano votato, e che ora bisogna trovare una “soluzione politica” per dare la risposta giusta. Ritenendo gli elettori dei mentecatti, quelli come Bersani e D’Alema si sono ben guardati di spiegare prima le loro intenzioni in caso di vittoria del referendum. Sono scesi in campo dopo – appunto come gli avvoltoi – si sono presi le urne calde fra gli artigli pronti a fregare per l’ennesima volta gli italiani. Io non condividevo le ragioni del sì, e non ho votato proprio perché ho visto troppe volte il film che viene trasmesso in queste ore. Ma pur non condividendo quelle ragioni, oggi bisogna difenderle con le unghie e con i denti, perché questa è stata la volontà della maggioranza degli italiani. Il responso non si presta a interpretazioni: hanno decretato che il servizio idrico d’ora in poi dovrà essere pubblico ovunque. Quel che oggi è privato, deve essere riacquistato dagli enti locali. Gli investimenti sugli acquedotti dovranno essere fatti da comuni o loro consorzi. E naturalmente i cittadini pagheranno quel che c’è da pagare: o in tariffe o in tasse. Questo era chiarissimo a chi ha votato sì, scegliendo sull’acqua come sul nucleare di privilegiare quella che hanno ritenuto la difesa della propria salute anche dovesse costare troppo.
Il clamoroso errore che sta compiendo il Pd è scambiare per proprio trionfo politico quella che è stata una scelta di nuova politica degli italiani, che prescinde dalla loro appartenenza. Con il referendum hanno mandato a quel paese tutti i partiti tradizionali. Non solo il Pdl o Silvio Berlusconi, ma anche il Pd. Hanno votato a prescindere dalle indicazioni dei partiti, che non possono metterci sopra cappello ora. Ovunque contro i partiti. Tanto è che il referendum non ha fatto il quorum a Napoli, dove due settimane prima aveva trionfato un partito referendario.

Franco Bechis