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 2011  giugno 16 Giovedì calendario

Subito aliquote più basse senza pietà per chi evade - Tagliare le tasse senza perdere gettito? Si può e si deve

Subito aliquote più basse senza pietà per chi evade - Tagliare le tasse senza perdere gettito? Si può e si deve. Ieri lo ha ricordato Vittorio Fel­tri con la solita franchezza citando le spese inutili, ma si può essere ancora più ambizio­si. Utopia? No, però occorre presentarsi da­vanti ai cittadini con una discontinuità credi­bile: un giorno zero delle tasse che possa es­sere visto come un vero patto tra il fisco e i contribuenti. Vediamo come. Innanzitutto bisogna sgombrare pesantemente il campo dalla demagogia: ogni argomento o propo­sta di riforma che inizi dicendo che chi di­chiara diecimila euro è povero e chi ne di­chiara centomila è ricco non porterà da nes­suna parte. Diciamo piuttosto che in media in Italia chi dichiara poco è un evasore e chi dichiara tanto è onesto: il primo va stanato il secondo va premiato. Ovvio che in mezzo agli evasori ci siano anche alcuni poveri ve­ri: di loro parleremo dopo, ma per questa ca­tegoria di persone le tasse non sono il primo problema, necessitano di aiuti di altro tipo. Tutto ciò premesso, come tagliare pesan­temente le aliquote per i contribuenti onesti senza perdere gettito? La soluzione c’è già ed è contenuta in una riforma che è già stata fatta in modo bipartisan e della quale si par­la poco: si tratta della riforma delle esattorie avviata in modo lungimirante da Tremonti nel 2004 e integrata dal centrosinistra con alcuni provvedimenti sin troppo invasivi di ispezione dei conti correnti. Il risultato è che in tanti si stanno rendendo conto che il nuovo fisco informatizzato ti vede, eccome. La paletta della finanza che «censisce» le macchine di grossa cilindrata sta venendo vista da sempre più persone, così come stanno diventando normalità le ispezioni nei porti e la raccolta degli elenchi dei clienti di chi vende beni di lusso. Il tutto raccolto in database informatici. A questo punto le minacce di sanzioni per gli evasori potrebbero diventare per la prima volta credibili, invece delle solite grida manzoniane che finora non hanno mai fatto paura a nessuno. Ecco quindi su cosa si dovrebbe fondare il nuovo patto fiscale: uno Stato che riduce di molto le sue pretese, anche tagliando fuor di demagogia le irrealistiche aliquote marginali, che oggi colpiscono solo pochissimi benefattori, ma che insieme a ciò si dichiara inflessibile con chi nonostante tutto continuerà a evadere, con pene esemplari e soprattutto per la prima volta con la credibilità di saper scovare chi fa il furbo. Basterebbe stabilire che le supersanzioni, anche penali e proporzionate alla cifra evasa, si applicheranno solo a partire dal momento in cui le aliquote verranno abbassate. Sarebbe opportuno anche coinvolgere nel patto la magistratura, chiedendo un particolare zelo e processi per direttissima ( tanto abbiamo visto che se vogliono sanno fare in fretta) per i futuri evasori pescati senza più giustificazione. È la ricetta svizzera: tasse percentualmente ragionevoli anche per i «ricchi» ma controllo inflessibile e tolleranza zero per chi fa il furbo. Un mix possibile solo se è credibile il timore di essere scoperti e puniti: oggi forse per la prima volta ciò è realizzabile anche in Italia. Il punto degli sgravi per gli indigenti è conseguente: finché non si ricostruisce la base imponibile corretta, applicarli sul reddito basso dichiarato non serve a nulla perché rischiano di andare a chi non li merita. Nel «nuovo patto» il sostegno ai poveri dovrebbe essere assai sostanzioso ma subordinato anch’esso a verifica dell’effettiva condizione di bisogno, una specie di schema a specchio dove le ispezioni si accertino che il ricco paghi il giusto e che gli aiuti finiscano a chi davvero li necessita. Un’ultima parola per latassazione sui titoli e sui guadagni in borsa: su quest’argomento oltre che alla sinistra anche alcuni esponenti di centrodestra, come ad esempio Renata Polverini, ogni tanto dicono sciocchezze: chi investe, rischiando, i propri risparmi non è un nemico ma uno da trattenere e incentivare. Se lo Stato (Polverini inclusa), le imprese e le banche si tengono in piedi è perché ci sono i risparmiatori che trasferiscono loro denaro comprando azioni e obbligazioni, e non sono obbligati a farlo. Pensare di tassarli di più, con l’entità del nostro debito, equivale a segare il ramo su cui si è seduti.