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 2011  giugno 16 Giovedì calendario

Base segreta nel Golfo per i droni anti-terroristi - Una base segreta nel Golfo Persico per ospitare centinaia di droni destinati a condurre una guerra segreta contro le cellule jihadiste sul modello di quanto sta avvenendo da due anni in Pakistan: il nuovo progetto del Pentagono trapela alla vigilia del passaggio delle consegne fra il ministro Robert Gates e il successore Leon Panetta, confermando la strategia del presidente americano Barack Obama di affidarsi agli aerei senza pilota per combattere Al Qaeda

Base segreta nel Golfo per i droni anti-terroristi - Una base segreta nel Golfo Persico per ospitare centinaia di droni destinati a condurre una guerra segreta contro le cellule jihadiste sul modello di quanto sta avvenendo da due anni in Pakistan: il nuovo progetto del Pentagono trapela alla vigilia del passaggio delle consegne fra il ministro Robert Gates e il successore Leon Panetta, confermando la strategia del presidente americano Barack Obama di affidarsi agli aerei senza pilota per combattere Al Qaeda. A far trapelare la notizia sulla costruzione della nuova base sono fonti militari del Joint Special Operations Command, competente per le operazioni antiterrorismo su scala globale, che pur evitando di menzionare dove ciò sta avvenendo parlano di «progetto in fase avanzata», sottolineando che la necessità è soprattutto di incalzare Al Qaeda in Yemen, la nazione dove si rifugia l’imam Anwar Al Awlaki - originario del New Mexico - considerato il mandante della strage di Fort Hood in Texas come anche l’inventore della tecnica di usare miniesplosivi ad alto potenziale per far precipitare aerei passeggeri. Una conferma delle indiscrezioni arriva da Daniel Benjamin, coordinatore del controterrorismo al Dipartimento di Stato, che ha sfruttato un intervento pubblico a Washington per sottolineare la necessità di «continuare a mantenere alta la pressione su Al Qaeda dopo l’eliminazione di Osama bin Laden» a cominciare da dove i gruppi jihadisti sono più attivi, ovvero nella regione a cavallo fra la Penisola Araba e il Corno d’Africa. La possibilità che, nel dopo Bin Laden, sia lo Yemen a imporsi come roccaforte di Al Qaeda è anche una conseguenza di quanto sta avvenendo a Sana’a dopo la fuga del presidente Ali Saleh: il Paese è in preda a disordini e violenze fra opposte fazioni che, secondo informazioni di intelligence pubblicate dal New York Times , rendono «più difficile di prima colpire i terroristi di Al Qaeda» in quanto spesso tendono a mischiarsi ai gruppi in lotta, spingendo Cia e Pentagono a rinunciare a colpire. «Gli attacchi aerei sono uno strumento indispensabile per indebolire Al Qaeda in Yemen a causa delle caratteristiche del territorio e delle cellule jihadiste - osserva Edmund Hull, ex ambasciatore Usa a Sana’a -, ma bisogna evitare il più possibile danni collaterali per non far sì che spingano le tribù a schierarsi contro di noi». È questo il motivo per cui Washington ha bisogno di far volare più droni sui cieli dello Yemen: servono informazioni più numerose, dettagliate e tempestive per braccare Al Qaeda nel bel mezzo di una guerra civile. L’ultimo comandante di Al Qaeda eliminato dai droni in Yemen è stato Abu Ali al Hariti all’inizio del mese e il monitoraggio dei suoi spostamenti ha consolidato negli analisti della Cia l’opinione che i jihadisti abbiano rafforzato la presenza nello scacchiere che va dalla Somalia all’Arabia Saudita. I droni d’altra parte si sono rivelati l’arma preferita dal capo della Cia uscente Leon Panetta per colpire Al Qaeda in Pakistan - ieri in Waziristan hanno fatto 16 vittime - e la base nel Golfo lascia supporre che lo stesso scenario sta per ripetersi in Yemen con l’unica differenza che Panetta guiderà il Pentagono e David Petraeus - finora a capo delle truppe in Afghanistan l’Agenzia di Langley.