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 2011  giugno 16 Giovedì calendario

Quelle amicizie “diagonali” che hanno reso potente Gigi - Più che un uomo «trasversale», Luigi Bisignani, classe 1953, viene considerato un uomo «diagonale»

Quelle amicizie “diagonali” che hanno reso potente Gigi - Più che un uomo «trasversale», Luigi Bisignani, classe 1953, viene considerato un uomo «diagonale». Nel senso che da anni ama attraversare tutte le consorterie di potere (vero o presunto) che animano il nostro Paese, seguendo una linea retta ben precisa che parte da un’antica iscrizione alla Loggia segreta P2 - tessera numero 1689 e qualifica di «reclutatore», sempre smentita però - prosegue per il Vaticano e arriva fino alla segreteria della presidenza del Consiglio. Più che un vizio, una vocazione. Un percorso netto ma per nulla lineare, anzi spesso assai opaco e un po’ misterioso, tanto da aver alimentato intorno a lui la leggenda di uomo «più potente d’Italia» e di averlo portato spesso all’attenzione delle Procure del Paese, facendolo diventare il convitato di pietra di non poche inchieste: dalla P3 di Verdini e Dell’Utri alla «cricca» di Angelo Balducci e Guido Bertolaso, fino alla «banda larga» della Finmeccanica di Pier Francesco Guarguaglini, per arrivare infine sulla scena di questa «P4» napoletana dai contorni ancora sfumati ma dagli esiti che potrebbero rivelarsi clamorosi. Per questo l’ordine di cattura che ieri lo ha raggiunto con le accuse di associazione a delinquere e rivelazione del segreto d’ufficio, pur lasciando indifferente la maggior parte dell’opinione pubblica, ha fatto fibrillare non pochi ambienti, soprattutto per le possibili intercettazioni. Lui di certo, come nella migliore tradizione dei «grandi vecchi» d’Italia, minimizzerà. «In fondo, nessuno sa mai dire in tutti questi anni cosa abbia davvero determinato Gigi», lo dire inestimabili contatti con il Vaticano. In particolare con gli amministratori dello Ior, la banca attraverso cui farà passare i primi miliardi della maxi tangente Enimont, la madre di tutte le mazzette da distribuire ai partiti della prima Repubblica, Lega compresa. Appena 28enne quando gli allora magistrati Gherardo Colombo e Giuliano Turone scoprono le liste della P2, non ha ancora 40 anni quando diventa capo delle relazioni esterne di Montedison e uomo di fiducia di Raul Gardini per i rapporti istituzionali. E’ qui che inizia a crescere vertiginosamente il suo potere e che tornano comode le conoscenze Oltretevere. Qualche squarcio di verità emerge dai documenti raccolti nel libro «Vaticano Spa» di Luigi Nuzzi. Con l’aiuto di monsignor Donato De Bonis, già segretario dell’ex presidente dello Ior, Paul Marcinkus (protagonista dello scandalo Ambrosiano e grande amico di Michele Sindona), Bisignani apre nell’ottobre del 1990 un riservatissimo conto presso la banca vaticana, con 600 milioni in contanti. In seguito entreranno altri 23 miliardi, di cui 12,4 verranno ritirati in contanti da Bisignani tra l’ottobre del ’91 e l’estate del ’93. Il conto viene intestato alla Louis Augustus Jonas Foundation (Usa). Finalità: «Aiuto bimbi poveri». Che ancora stanno aspettando. «Bisignani ha ottimi rapporti con lo Ior da quando si occupava di Calvi e dell’Ambrosiano - racconterà poi De Bonis in un’intervista -. La sua è una famiglia religiosissima: suo padre, Renato, un alto dirigenti della Pirelli scomparso da anni, era un sant’uomo; la madre, Vincenzina, una donna tanto per bene. Bisignani è un bravo ragazzo». Talmente bravo «Gigi», da far transitare proprio dallo Ior non solo le mazzette Enimont - che, si scoprirà solo in seguito, ammontavano ad almeno il doppio della cifra che fu svelata dai pm di Mani Pulite -, ma anche a giostrare capitali tra il «suo» conto e quello del «cardinale Spellman», che gestisce in proprio a nome di «Omissis», ovvero Giulio Andreotti come viene chiamato l’ex presidente del Consiglio nelle felpate stanze vaticane. E’ talmente sveglio, Bisignani, che quando sente odore di bruciato, un mese prima di essere arrestato, fa in tempo a correre allo Ior, far sparire i documenti più compromettenti e chiude il conto, ritirando in contanti quel che resta: un miliardo e 687 milioni. Dopodiché si renderà latitante. Condannato definitivamente nel 1998 a due anni e 8 mesi di reclusione per la vicenda Enimont, Bisignani in realtà non ha mai smesso di essere corteggiato fino a diventare, secondo le nuove accuse, il capo indiscusso di un network che riuscirebbe a condizionare la vita del Paese: ieri all’ombra della Dc, oggi del potere berlusconiano. Una volta li chiamavano «faccendieri». Oggi, lobbisti.