Alberto Piccinini, il manifesto 15/6/2011, 15 giugno 2011
CORSIVI
«Caro direttore, non posso scrivere l’articolo che mi hai chiesto. Per scrivere un articolo bisogna esser lucidi, bisogna pensare, e io non riesco a pensare stamani. Non riesco a essere lucida: sono troppo felice. Sono troppo sconvolta dalla gioia che mi ha travolto ieri sera quando sono scesa dal treno che mi aveva portato a Roma proprio nelle ore in cui si scrutinavano i voti, e sul treno non c’era modo di sapere non si fermava in nessuna stazione. Dio che viaggio lungo, angoscioso, crudele. Ma poi il treno è giunto in stazione, e sono scesa, e ho saputo. E la gioia è stata così grande che mi son messa a piangere. Lì sotto la pensilina, davanti a tutti. Erano trent’anni che non piangevo di gioia. Era dal 1944, dal giorno in cui seppi che mio padre, arrestato e torturato dai fascisti della banda Carità, non era stato fucilato e forse non sarebbe stato
fucilato. Devi capirmi se me ne sto qui stordita come quel giorno, a ripetermi che mio padre... voglio dire, che la libertà non è stata fucilata in Italia. Devi capirmi se me ne sto qui con le lacrime che mi riaffiorano agli occhi a dirmi che non siamo stupidi come credevo, non siamo ignoranti come credevo, non siamo immaturi come credevo (...). Perché io ero certa che avremmo perso» (Oriana Fallaci per L’Europeo, dopo la vittoria al referendum sul divorzio).
maggio 1974)