Maria Elena Viggiano, Europa 14/6/2011, 14 giugno 2011
LE DONNE MANCANTI DELLA CINA
L’aborto selettivo in base al sesso è, ancora oggi, in Cina una delle cause principali della scomparsa di decine di milioni di bambine e degli squilibri sociali registrati anche dalle stati- s t i c h e demografiche. Uccise, abortite, abbandonate attraverso pratiche molto diffuse e conosciute dalla popolazione di cui però poco si parla. A far luce su questo lato oscuro è Xue Xinran, scrittrice e giornalista cinese, che parteciperà oggi a Letterature – Festival internazionale di Roma per presentare il suo nuovo libro Le figlie perdute della Cina (Longanesi). In questo lavoro di ricerca e di inchiesta, durato diversi anni, l’autrice ha raccolto la testimonianza di dieci donne che hanno dovuto fare i conti con una delle più terribili realtà imposte dal governo cinese e un dolore difficile da dimenticare. Sono studentesse, contadine, donne d’affari, poiché non importa l’estrazione sociale quando bisogna rispettare la politica del figlio unico e scontrarsi con antiche tradizioni legate all’importanza di avere un discendente maschio.
Sembrano discorsi superati e già sentiti ma in Cina, come in altre parti del mondo, non è così. I diritti delle donne sono ancora calpestati e Xinran ha deciso di dare voce a chi spesso è costretto a soffrire nel silenzio generale. «Ho visto tre ragazzi giocare a calcio con il feto di una bambina morta», spiega a Europa la scrittrice cinese che attualmente vive a Londra e per il suo impegno sociale è stata inserita dal Guardian tra le “100 Top Inspiring Women 2011”. Di qui la scelta di raccontare gli orrori del sistema cinese e il clima di terrore che ha vissuto anche a livello personale.
La scrittrice all’età di soli sette anni è stata rinchiusa con il fratello in una scuola di rieducazione per i figli di prigionieri politici, dopo l’arresto dei genitori accusati di essere dei reazionari e dei capitalisti.
Dal 1989 al 1997, dopo aver ricevuto il permesso dalle autorità, ha condotto il programma radiofonico Parole nel vento della sera in cui invitava donne cinesi che, per la prima volta, avevano la possibilità di raccontare le loro storie personali. Da allora, è iniziato il percorso di Xinran nel mondo femminile.
Ha incominciato ad incontrarle, ascoltarle e intervistarle, raccogliendo così centinaia di testimonianze pubblicate poi nel 2002 nel libro La metà dimenticata, diventato un bestseller internazionale tradotto in oltre 30 lingue.
Xinran infrange così il silenzio a cui le donne cinesi erano costrette da secoli di obbedienza. Lentamente è cominciata a emergere la vita segreta di chi ha la sola colpa di essere nata femmina. Le cinesi raccontano le molestie sessuali che subiscono in famiglia, i matrimoni forzati a cui non possono ribellarsi, le dolorose esistenze condotte nelle desolate zone rurali. Fino a quando, Xinran non si scontra con uno dei fenomeni più diffusi e più taciuti in Cina: l’aborto selettivo in base al sesso. Da pratica legale per garantire la sicurezza delle donne, nel paese asiatico l’interruzione di gravidanza è diventata un terribile metodo che ostacola il naturale sviluppo della popolazione con conseguenze pericolose per l’equilibrio della società cinese. Un dramma collettivo che ha creato forti scompensi sociali – secondo i dati, la disparità media è di 120-130 maschi per 100 femmine – ma soprattutto nasconde crimini orribili come omicidi, traffico di mogli, violenze sessuali e suicidi. Nel libro Le figlie perdute della Cina, la scrittrice racconta questi “omicidi di genere” attraverso la voce diretta delle protagoniste che, nella migliore delle ipotesi, hanno abbandonato le proprie figlie, probabilmente adottate da famiglie straniere.
Secondo Xinran, i motivi principali di questa situazione sono la politica del figlio unico, una legge promulgata nel 1979 da Deng Xiaoping per il controllo delle nascite; la predilezione dei cinesi per i figli maschi, accentuata dai valori confuciani e da un sistema di attribuzione delle terre fondato su norme per discendenza paterna; e infine l’ignoranza in materia sessuale e il boom economico del paese che ha anche reso accessibili le tecnologie per determinare il sesso del nascituro. «Ogni libro di storia pubblicato in Cina non è reale – afferma la scrittrice –. Le storie e le atrocità sono state dimenticate a lungo».
Per ristabilire la verità e mantenere vivo il ricordo delle bambine cinesi, Xinran ha anche fondato nel 2004 “The Mothers’ Bridge of Love”, un’associazione per promuovere la conoscenza di questo aspetto della cultura cinese tra gli occidentali e creare un ponte tra le madri cinesi e le orfane adottate da famiglie straniere.