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 2011  giugno 14 Martedì calendario

FAZIO COSTA 10 MILIONI, NE RENDE 17 - I

palinsesti ci sono, i contratti ancora no. La Rai ha già perso (senza troppi rimpianti) Michele Santoro e Anno Zero. Ora deve cercare, in extremis, di far firmare Fabio Fazio e Giovanni Floris, i cui contratti scadono a fine giugno. Lo spettro de La 7 aleggia su Viale Mazzini e solo perché Sky non ha, finora, frequenze terrestri.

Quanto "valgono" i programmi che la Rai sta cercando di tenere in palinsesto, dopo aver perso mesi e mesi sul rinnovo dei relativi contratti? Alcuni valori sono difficili da quantificare, come quello relativo all’identità e alla credibilità della rete e del servizio pubblico. Valori elevati, in ogni caso. Veniamo agli ascolti: a parte Anno Zero, che ha portato a Rai2 una media di 5,4 milioni di individui in ascolto nelle sue 33 puntate della stagione 2010-2011 Ballarò, Che tempo che fa e Report sono di gran lunga davanti agli altri programmi d’informazione. Il programma di Giovanni Floris, secondo le elaborazioni di Studio Frasi su dati Auditel-Media Consultants-MetroMediaSystem, ha una media di 4,5 milioni di ascolto in 36 puntate della stagione in corso, con uno share del 16,5%. Che tempo che fa, da parte sua, ha un ascolto medio di 3,6 milioni di ascolti e una quota di ascolto (avendo come concorrenza anche i posticipi serali di serie A) del 13,9% nelle sue 63 puntate. Le 15 puntate di Report trasmesse in prima serata hanno una media di 3,4 milioni di ascolto con uno share del 13,3 per cento.

Quanto possono valere queste trasmissioni se riproposte su La 7? Ci sono diversi elementi da valutare, tra i quali l’abitudine di ascolto della rete, la sua posizione sul telecomando tra digitale e analogico, la copertura della rete stessa. Nel caso di Fazio, in particolare, «è difficile per qualsiasi conduttore - sottolinea Francesco Siliato, analista del mercato televisivo e docente al Politecnico di Milano - portare tutto il proprio pubblico su un’altra emittente. Penso ai casi di Paolo Bonolis, di Pippo Baudo e dello stesso Santoro, quando passò a Italia 1. Molto dipende dalla concorrenza: cosa farà la Rai contro Santoro? Il conduttore di Anno Zero può arrivare a fare il 15-16% su La 7, senza un contraltare su una rete Rai. Fabio Fazio ha un vincolo in più: rispetto ad Anno Zero, Che tempo che fa è visto come un programma di Rai3: può forse arrivare tra l’8 e il 10%, ma le variabili sono tante».

Quanto alle prospettive de La 7 «stiamo parlando di una rete - continua Siliato - che da semigeneralista si sta convertendo in tematica, sull’informazione. Può anche raddoppiare gli ascolti con Santoro e magari con Fazio, arrivando a quel 7% che la porrebbe in competizione non solo con Rete 4 e Italia 1, ma anche con Rai2 e Rai3, se queste dovessero perdere un punto di audience». Nella stagione 2010-2011, La 7 ha il 3,45% di share, il che vuol dire un aumento dello stesso share del 28,3%. Merito in gran parte del Tg di Enrico Mentana, passato – in una sola stagione - dal 2,4% all’8,4% di share (che ha avuto un incremento del 6%, pari al 251% in percentuale), con un milione e mezzo di spettatori in più, sorpassando il Tg4 e, per ascolti, anche Studio Aperto.

La Rai ha una situazione di bilancio non certo florida, con una perdita strutturale negli anni dei grandi eventi sportivi. Le 66 puntate di Che tempo che fa, nel 2010, sono costate 10,4 milioni, inclusi tutti i costi, elettricità compresa, ma hanno dato alla Rai introiti commerciali per 17,6 milioni. Michele Santoro direbbe che "il canone non paga Che tempo che fa" (così come Anno Zero, ovviamente). Le 33 puntate di Ballarò dello scorso anno sono costate 3,4 milioni: la pubblicità, in cambio, ha portato 7,6 milioni di ricavi, più del doppio.

Report costa due milioni e mezzo e ha ricavi per 4,3. La Rai può rinunciare a questi programmi? Non può certo dimenticare che, in questa stagione, la rete diretta da Paolo Ruffini ha portato all’8,79% la quota di ascolto nel giorno medio ed è l’unica, tra le emittenti di Rai e di Mediaset, ad averla aumentata, scavalcando Italia 1. Tutti i programmi "senza contratto", attualmente in discussione, hanno una media superiore a quella di rete e, quindi, sono stati fondamentali nella crescita di ascolti, nonostante le difficoltà create dal digitale terrestre.

Resta a parte il caso di Vieni via con me: nei palinsesti di autunno non c’è, eppure si è trattato di un clamoroso evento mediatico (inaspettato da parte della Rai, che l’ha ostacolato anziché favorirlo, forse perché ha sbaragliato la concorrenza), non solo per gli ascolti in assoluto, ma per la loro qualità, tanto da aumentare di due milioni la platea degli ascolti televisivi. Senza contare, infine - La 7 a parte - che una Rai senza Santoro, Fazio o Floris sarà molto meno competitiva contro Mediaset.