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 2011  giugno 15 Mercoledì calendario

NEL NUOVO FISCO 3 ALIQUOTE E CINQUE IMPOSTE

Sulla riforma fiscale – ha detto domenica scorsa alla festa della Cisl di Levico Terme – «ho le idee chiare da un anno». E ieri, all’assemblea annuale di Rete Imprese Italia, ha tracciato il percorso. Per il ministro dell’Economia Giulio Tremonti l’orizzonte della riforma dovrà prevedere un codice di «principi unificanti», accorpamenti delle imposte che dovrebbero essere ridotte a un massimo di cinque e, dulcis in fundo, tre aliquote Irpef contro le attuali cinque. Un sistema che Tremonti definisce «giusto». La tabella di marcia prevede il varo il 23 giugno in contemporanea della manovra triennale per assicurare fin d’ora l’obiettivo di un deficit «vicino al pareggio» nel 2014, e del disegno di legge delega sulla riforma fiscale cui verrà attribuito il rango di «collegato» alla manovra. In questa direzione spinge la Lega dopo l’esito dei referendum e prima ancora dei ballottaggi. Per il ministro dell’Interno, Roberto Maroni servono «scelte coraggiose. La sberla fa male ma può anche far cambiare rotta».

La premessa del ragionamento di Tremonti è che le aliquote più basse «sono il miglior investimento per ridurre l’evasione». In sostanza, incoraggiano la compliance, l’adempimento spontaneo al pagamento delle imposte. Una tesi sulla quale Tremonti si è soffermato già in altre occasioni, fin dal 1994 con il «Libro bianco» sulla riforma fiscale: se si riuscisse effettivamente a ridurre il prelievo si potrebbe attivare un circuito virtuoso, che porterebbe a un incremento "naturale" del gettito.

L’altro punto fermo è che non è ipotizzabile alcuna riforma fiscale finanziata in deficit. Occorre una copertura certa, operando con il bisturi nella giungla delle «471 voci» di esenzione, esclusioni e regimi di favore «che pesano per oltre 150 miliardi. Certo non si può tagliare tutto, ma è evidente che occorre rivedere «in quel magazzino quel che è stato abusato», ottenendo in questo modo un allargamento della base imponibile. E se oggi si può dedurre «di tutto, dalle palestre alle finestre», va prevista quanto meno una razionalizzazione delle varie voci di esenzione. «I soldi andrebbero tolti a chi ha il gippone».

Se ne sta occupando il gruppo di lavoro presieduto da Vieri Ceriani. Tremonti definisce la ricognizione svolta finora dai quattro tavoli «di grande serietà. Sono state prodotte circa 600 pagine». Oggi stesso il ministro dell’Economia conta di inviarle al presidente del Consiglio e ai colleghi di governo. «Poi apriremo una riflessione». Nessun’altra indicazione su tempi e metodi per il varo della legge delega, che in ogni caso non dovrà essere limitata al campo fiscale ma estendersi anche «al campo assistenziale». La filosofia di fondo, oltre a prevedere il graduale spostamento del prelievo dall’imposizione diretta a quella indiretta («dalle persone alle cose») dovrebbe secondo Tremonti rispondere a tre logiche fondamentali: privilegiare «figli, e cioè la natalità, lavoro e giovani», immaginando al tempo stesso forme di detassazione a favore delle nuove imprese.

Quanto alle risorse per finanziare l’intera operazione, Tremonti parla di «molti costi della politica da ridurre». Tutti gli incarichi politici e pubblici dovrebbero essere remunerati «nella media europea». In una battuta «meno aerei blu e più Alitalia. Sto per partire per Bruxelles ma devo andare con un aereo di Stato perché non so a che ora tornerò. Ma oggi ho volato Alitalia». Accetta le critiche piovute da più parti alla logica dei tagli lineari, salvo precisare che quando si è trattato di operare delle selezioni la reazione di ogni ministero si è tradotta in un chiaro invito a intervenire su un altro dicastero. «Ogni ministero fa il suo bilancio, ha un obiettivo e poi può manovrare sulle singole voci, ma questo non è avvenuto su vasta scala». È ben consapevole il ministro dell’Economia che non è certo con i tagli agli aerei di Stato che si finanzia una riforma fiscale, ma quel conta è il segnale: la stretta sulla spesa non può che investire in primo luogo la classe politica, che deve dare l’esempio. Per quel che riguarda la manovra in preparazione, e in particolare la decisione di concentrare nel 2013-2014 il grosso della correzione (40 miliardi), Tremonti spiega che non si tratta certo di una «furbata di questo governo. Dobbiamo correggere da subito dando un segnale di impegno. La situazione è molto meno drammatica di come viene rappresentata».