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 2011  giugno 15 Mercoledì calendario

QUELLA CONTABILITÀ VIRTUOSA CHE GOVERNÒ CASA EINAUDI

Un paio di guanti, 2 lire. Il soprabito fatto su misura dal sarto Campanini di Torino, uno dei pochi acquisti con un che di lussuoso, 80 lire. Una Bibbia 9,70 lire. Tutte queste spese vengono registrate da Luigi Einaudi tra il gennaio e il marzo del 1898. Il futuro presidente della Repubblica e governatore della Banca d’Italia ha 24 anni. E, ogni giorno, registra con precisione ciascun esborso nel passivo della contabilità di famiglia. Naturalmente compaiono anche le attività agricole, come testimonia la voce del 21 febbraio di quell’anno: «contratto di mezzadria 240 lire». E anche le uscite sostenute a favore dei membri di una famiglia allargata che avrebbe dato molto alla storia politica, culturale ed economica del nostro Paese. Come quella per il cugino Costanzo: «Pagato Conti Vallardi, casa editrice per conto di Costanzo». Il conto, per la precisione, è di centosettantacinque lire. Quello di Luigi Einaudi è uno dei ventimila bilanci di famiglia raccolti, analizzati e riclassificati in diciasette anni di attività dallo storico ed econometrista Giovanni Vecchi. Un gigantesco database che serve a costruire un profilo della ricchezza e della povertà delle famiglie italiane. Ma, anche, un giacimento che permette di cogliere insieme l’anima pubblica e la vita privata di molti personaggi della nostra storia. Come appunto Einaudi, l’intellettuale che tanti anni dopo avrebbe rivolto le sue "prediche inutili" al cuore e alla mente del Paese uscito prostrato dalla seconda guerra mondiale, il governatore della Banca d’Italia che avrebbe rafforzato l’ufficio studi nell’idea di "conoscere per deliberare", il presidente della Repubblica che alla sera, come racconta Flaiano nella Solitudine del Satiro, avrebbe diviso con i suoi commensali una pera, per non mangiarne soltanto la metà e dovere buttare l’altra. La Fondazione Luigi Einaudi di Torino ha conservato la contabilità privata della famiglia Einaudi dal 1897 al 1936, dal 1943 al 1945 e dal 1967 al 1968. Nei documenti, non compare soltanto il giovane Einaudi. C’è anche l’uomo di dieci anni più maturo. Il ritratto che esce dal dattiloscritto inedito è coerente con il profilo del presidente-contadino, sempre pronto a rifugiarsi in mezzo ai filari e ai frutteti della tenuta di Dogliani. "Le pagine si riferiscono all’intiera annata 1908", è scritto a macchina. "A collocare i dati nel loro quadro giusto, occorre aggiungere che la famiglia si componeva: durante tutto l’anno dei due capi di famiglia, io e mia moglie, rispettivamente di 34 e di 23 anni". Della propensione alla morigeratezza nei consumi, quasi la versione privata delle linee di finanza pubblica della Destra Storica italiana, si trova traccia nei conti finali di casa Einaudi: "La spesa annua fu in totale di 8.290,43, in confronto a un reddito totale di circa 12.000 lire". Dunque, quasi un terzo del reddito è risparmiato. E ancora: "Alle entrate derivanti dall’insegnamento universitario si aggiungevano per arrivare al totale e per una quinta parte circa, quelle delle collaborazioni al Corriere della Sera".