Flaviano De Luca, il manifesto 15/6/2011, 15 giugno 2011
IL FUTURO DELLA PESCA
Soltanto settanta, cento anni fa nel Mar Mediterraneo c’era più pesce, più barche, più pescatori e un numero maggiore di comunità che dipendevano dalle attività collegate alla pesca. A causa del continuo sovrasfruttamento, alcuni specie ittiche hanno raggiunto livelli pericolosamente bassi, ma non è stato sempre così. In un passato non troppo lontano, gli stock ittici erano più sani e le comunità che dipendevano dalle attività di pesca più ricche.
La Politica Comune della Pesca dell’Ue può diventare una concreta opportunità di cura del mare e degli oceani con un ritorno al futuro. Questo è stato il tema centrale della Settimana europea della pesca 2011, che si è svolta dal 4 al 12 giugno, con numerosi manifestazioni in giro per l’Italia, organizzate da Ocean 2012, una coalizione di ong e società ambientaliste - tra cui Coalition for Fair Fisheries Arrangements, Ecologistas en Acción, The Fisheries Secretariat, nef (new economics foundation), The Pew Environment Group e Seas at Risk - unite dalla volontà di trasformare la Politica europea della Pesca, fermare la pesca eccessiva, mettere fine alle pratiche di pesca distruttive e conseguire un giusto ed equo utilizzo di stock ittici in buona salute.
A Roma, è stata presentata la mostra fotografica Back to the Future curata da Corey Arnold e David McCandless, con una panoramica di immagini sul mondo della pesca italiano, dalle tonnare di fine ottocento agli attuali stabilimenti di trasformazione ittica, dai piccoli pescherecci con pochi attrezzi alle grandi navi con reti da pesca più grandi di un jumbo jet. Per pubblicizzare la bontà del pesce azzurro, Marianna Vitale, chef del ristorante Sud (situato a Quarto, Napoli) ha fatto assaggiare le sue originali e creative ricette (reperibili anche su youtube), sul sottofondo della live music degli Sweetpoppalou.
Nel dopoguerra la flotta olandese comprendeva 700-800 imbarcazioni per la pesca alle aringhe con oltre diecimila persone di equipaggio e una cattura annuale di circa 50 mila tonnellate. Oggi un solo pescherecchio a strascico con 10-11 persone di equipaggio pesca la stessa quantità di pesce.
L’Italia è uno dei primi 10 Paesi importatori al mondo di pesci e prodotti ittici, con 984.478 tonnellate importate nel 2006, per un valore di 3,75 miliardi di euro. Nello stesso anno l’Italia ha esportato 149.875 tonnellate di pescato per un valore di 561.646.000 euro. Per quanto riguarda le imbarcazioni, l’Italia ha una flotta di pesca di 13.858 imbarcazioni con una stazza complessiva di 197.687 tonnellate. Nel 2008, l’82% della flotta Ue aveva una lunghezza inferiore a 12 metri, in Italia la percentuale era del 68%. Anche il consumo annuo ha superato i 25 kg pro capite, in Italia, mentre la media europea è di 21,4. Nel 2006 l’hit parade del pesce più mangiato vedeva primeggiare le acciughe (con 81.174 tonnellate) seguite ad ampia distanza da vongole (19.510 t), nasello (18.579t), sardine (14.215t), gambero (13.986t). Ma anche l’età media e la grandezza del pesce pescato risentono del supersfruttamento.
Così la Politica Comune della Pesca dovrebbe recepire la sostenibilità ambientale quale principio prioritario irrinunciabile per il raggiungimento della sostenibilità economica e sociale. E garantire una capacità di pesca sostenibile a livello di Unione europea e a livello regionale, anche con l’utilizzo di fondi pubblici.