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 2011  giugno 12 Domenica calendario

«LA CRISI NON È FINITA» MEZZO MILIONE IN GIG E

340mila FALLIMENTI -
«La crisi non è finita. Credo che sia il caso di ragionare con precauzione e prudenza. Perché il tempo della prudenza è finito». È il pesante monito del titolare dell’Economia Giulio Tremonti. Un’analisi che trova riscontro nei dati sull’economia reale.
A partire dalle cifre riguardo la cassa integrazione guadagni, su cui le analisi della Cgil e della Uil appaiono convergenti. L’Osservatorio sulla Cig del dipartimento Settori produttivi della Cgil sottolinea come sulle ore di cassa integrazione registrate a maggio (103.215.824) l’incidenza delle retribuzioni straordinarie e di quelle in deroga tocchi l’80 per cento e interessi 384mila lavoratori su 500mila. Si registra una tendenza all’aumento delle imprese che fanno ricorso alla cassa: dall’inizio dell’anno sono state 3.277, con una crescita rispetto ai primi cinque mesi del 2010 dell’11,5 per cento. Il ricorso alla Cig è dovuto in gran parte dalle domande di fallimento (88,5 per cento), mentre quelle che prevedono percorsi di reinvestimento e rinnovamento strutturale delle aziende incidono per il 6,5 per cento. Le ore di cassa integrazione autorizzate nei primi cinque mesi del 2011 hanno riguardato innanzitutto il comparto metalmeccanico, coinvolgendo 187.250 lavoratori. Segue il settore del commercio, con 56.471 persone interessate, e l’edilizia, che ha implicato quasi 50mila operai.
Lo studio della Cgil trova conferma nel rapporto elaborato dalla Uil. In Italia a maggio le ore di cassa integrazione sono state 103,2 milioni, coinvolgendo oltre 607mila lavoratori: un aumento del 12 per cento rispetto ad aprile. La Cig cresce in 13 Regioni su 21, con punte del 38,7 per cento nel Centro. L’analisi territoriale vede Basilicata e Calabria in testa in questa classifica negativa. Forti disagi si registrano anche nel Centro, mentre nell’area industriale più sviluppata calano le ore richieste, come in Lombardia. In valori assoluti, la regione più “cassaintegrata” risulta il Piemonte, con oltre 22 milioni di ore. L’andamento della Cassa integrazione, sottolinea il rapporto Uil, dimostra come «la crisi alteri il nostro quadro produttivo e occupazionale, in maniera più critica rispetto all’annus horribilis 2009: fra i due periodi infatti l’aumento complessivo di richieste raggiunge il 67,8 per cento».
Nonostante i dati sulla Cig confermino le difficoltà nel promuovere un’inversione di marcia, lo stato di salute del nostro tessuto imprenditoriale fa registrare segnali di ripresa. L’analisi fornita da Unioncamere sulla natalità e mortalità delle imprese italiane nel 2010 e nel primo trimestre di quest’anno delinea un bilancio incoraggiante. A fine 2010 il rapporto fra aziende create e quelle che sono state costrette alla chiusura e al fallimento ha segnato un aumento di 72.530 unità, pari a una crescita dell’1,2 per cento rispetto al 2009. Il dato positivo scaturisce dalla ripresa produttiva (410.736 nuove imprese) e al simultaneo rallentamento delle cessazioni di attività (338.206). Un trend confermato anche dall’analisi sul primo trimestre del 2011, con 105.447 interruzioni di attività rispetto alle 112.028 dei primi tre mese dello scorso anno. Un “ritorno alla normalità” della dinamica imprenditoriale, di cui però non ha beneficiato il settore dell’artigianato - il 24 per cento della realtà produttiva - che nel 2010 ha sofferto la perdita di 5.064 aziende: a fronte della creazione di 109.753 nuove società, si sono verificati 114.817 fallimenti.
Unioncamere evidenzia poi che alla fine del 2010 oltre la metà delle aziende è costituita da società a base individuale. Un mondo che rappresenta una grande “scuola di formazione per il lavoro”. Al contrario, le aziende formate da più persone hanno registrato, negli ultimi sette anni, una riduzione del 4,7 per cento. Mentre le spa e le cooperative sono cresciute del 28,6 per cento. Elemento sorprendente è rappresentato dalla localizzazione delle attività produttive. A determinare il 62,8 per cento dello sviluppo economico nel 2010 è stato il Centro-Sud: il contributo maggiore lo ha offerto il Mezzogiorno con le isole, con quasi 25mila nuove imprese, seguiti dal Centro con poco più di 20mila, dal Nord-Ovest con 19.226 e dal Nord-Est con 7.754. Quanto ai grandi settori produttivi, nel 2010 è l’agricoltura a risultare la più penalizzata, con una diminuzione di 13.431 aziende (un dato in calo, considerando che il settore sconta l’effetto “batterio killer”). L’industria registra una riduzione di duemila imprese. Mentre si confermano trainanti servizi, commercio, turismo, terziario e hi-tech. Chiude la classifica il comparto informazione e comunicazione, con 3.379 imprese in più.