varie, 15 giugno 2011
IL CASO SANTORO PER VANITYFAIR.IT DEL 7/6/2011
L’ultima puntata di “Annozero”
Quella di giovedì sarà l’ultima puntata di Annozero: dopo che Lorenza Lei, direttore generale della Rai, ha convinto Michele Santoro a «risolvere il rapporto di lavoro» con l’azienda (senza escludere «altre forme di collaborazione»), il programma è stato cancellato dal palinsesto autunnale di Rai2. «Spiace sempre perdere un professionista come Santoro, ma ho profondo rispetto per il diritto di ciascuno di essere artefice del proprio destino» ha commentato a caldo Paolo Garimberti, presidente della Rai, mentre i consiglieri di minoranza Giorgio Van Straten e Nino Rizzo Nervo denunciavano il danno per le casse della tv di Stato: grazie alla pubblicità, ogni mese il programma portava nelle casse della Sipra (la concessionaria della Rai) una decina di milioni.
L’inutile sentenza della Cassazione
Risolto il contratto tra Santoro e la Rai, è diventata inutile la sentenza della Cassazione prevista per domani: con la conferma della vittoria del giornalista, la Rai sarebbe stata costretta a mandarlo in onda senza avere margini di autonomia aziendale e decisionale; con la vittoria della Rai, Santoro avrebbe rischiato di perdere conduzione e programma (ipotesi quasi inevitabile, dopo che Berlusconi lo ha indicato come l’artefice della disfatta del centrodestra alle ultime elezioni amministrative). Tra trattamento di fine rapporto, “scivolo” di 24 mesi, chiusura del contenzioso legale e ferie arretrate, la Rai liquiderà il conduttore con circa due milioni e 300 mila euro.
Santoro verso La 7
Finita l’esperienza Rai, Santoro passerà quasi certamente a La 7: «I telespettatori di Annozero sono favorevoli al passaggio su una rete che considerano indipendente, brillante e non governativa», ha fatto sapere Corrado Formigli, inviato del programma. Sebbene ancora non ufficiale, l’accordo è dato per fatto: «Quando una donna si spoglia e si stende sul letto, c’è bisogno di fare altre domande? No. In certe situazioni non si parla. Ti togli la giacca, ti sfili la camicia e la smetti di chiacchierare» ha spiegato Giovanni Stella, amministratore delegato di Telecom Italia Media, la società cui fa capo il terzo polo tv. È probabile che il contratto di Santoro sarà “a rendimento”, cioè legato ai risultati Auditel. E non ci saranno, almeno all’inizio, esperimenti: «Lei conosce una donna e la prima notte di sesso com’è? Normale, tradizionale. Dopo verranno le variazioni sul tema. Ma all’inizio no» ha spiegato il manager in vena di metafore (le citazioni provengono da una “non intervista” firmata su Repubblica da Goffredo de Marchis nonostante la minaccia «Se scrive una sola parola di quello che dico, lei è un uomo perso»).
Esodo dalla Rai?
Dopo Santoro, potrebbero passare a La 7 altre stelle della Rai (Rai3): a Fabio Fazio non è stato concesso ilk lunedì, il programma di sabato e domenica potrà durare fino alle 21.30, ma ci sarebbe un veto sulla presenza di Roberto Saviano; Milena Gabanelli (Report) è da tempo in guerra con Tremonti, che l’ha costretta a una puntata riparatrice del programma (a cui il ministro – somma ingiuria - s’è rifiutato di partecipare); Serena Dandini (Parla con me) è sempre a rischio. Il principale obiettivo della campagna acquisti de La 7 sarebbe Giovanni Floris, il cui programma (Ballarò) è stato però confermato nel palinsesto Rai della prossima stagione (ma la Lei ha proposto a Floris di trasformarlo in una trasmissione economica). «È molto probabile che arrivino 1 barra 2 conduttori della tv pubblica. Uno è arrivato. Adesso sono sotto il banano, aspetto che scenda un altro macaco», ha sintetizzato Stella.
L’effetto Mentana
I vertici de La 7 sperano di moltiplicare l’aumento degli ascolti già sperimentato con l’arrivo al Tg di Enrico Mentana (10% di share e qualche volta il 12), ma anche con l’8 e ½ di Lilli Gruber e l’Infedele di Gad Lerner (due milioni di spettatori). Nell’ultima stagione televisiva, la sfida alle reti generaliste si è estesa a tutta la settimana con l’Omnibus di Antonello Piroso, le inchieste di Exit di Ilaria D’Amico, le Invasioni barbariche di Daria Bignardi. «La Rai è un flipper in tilt. Mediaset fa errori di valutazione. E La 7, da vera nave rompighiaccio, viene premiata», aveva spiegato a inizio febbraio Stella: «Oggi c’è una correlazione stretta tra pubblicità e audience. Quando La 7 era una “tv da fighetti”, di snob, si viveva con il minimo garantito». E poi: «La 7 è in linea con la realtà. Parliamo con chiarezza di tutto quello che avviene in Italia. Altri hanno forse bisogno di più controlli, di più fumo».
La 7, predatore o preda?
«Per me è forse il momento di passare la mano», disse a fine febbraio Stella presentando i dati 2010 (perdita di 54 milioni di euro, aumento dei ricavi a 258 milioni). Da settimane si parla anche di un possibile cambio di proprietà. In dieci anni e mezzo i disastrosi ascolti della televisione sono costati a Telecom un miliardo e mezzo di euro tra perdite cumulate e svalutazioni: nel 2003 il 59 per cento di Telecom Italia Media (la società quotata che la contiene) era iscritto nel patrimonio per 747 milioni di euro, oggi per 221. Valore in Borsa sui 280 milioni, il sogno sarebbe di venderla a un miliardo: in testa alla lista dei possibili acquirenti c’è la Sky di Murdoch, pronta ad abbinare l’offerta satellitare e quella terrestre. Un altro possibile acquirente sarebbe Bertelsmann, gruppo tedesco già presente in Germania, Gran Bretagna, Francia, Spagna ecc. che fattura il doppio di Mediaset.
La tv dell’Espresso
Tra i possibili acquirenti italiani de La 7, spicca il gruppo l’Espresso. Carlo De Benedetti ha per il momento smentito questa eventualità, attribuendo l’idea alla fantasia di Stella, il quale ha precisato che si tratta «solo di una delle tante ipotesi menzionate nel quadro del processo di valorizzazione della società al vaglio del management che, fra l’altro, non ha definito un orizzonte temporale relativo a eventuali operazioni straordinarie». La 7 fu creata nel 2001 da Telecom Italia, che aveva acquistato Tele Montecarlo del produttore cinematografico Vittorio Cecchi Gori. Pochi mesi dopo, Telecom fu comprata da Marco Tronchetti Provera, uscito di scena nel 2007. Mediobanca primo azionista di Telecom, un anno fa il passaggio alle Generali del presidente Cesare Geronzi, filo berlusconiano, ha dato il via alla rimonta dell’emittente, partita con l’ingaggio di Enrico Mentana per la direzione del Tg.
La sentenza Cir e la legge Gasparri
Entro fine giugno potrebbe arrivare la sentenza di secondo grado sul lodo Mondadori. In primo grado la Fininvest è stata condannata a pagare a De Benedetti un risarcimento di 750 miliondi di euro. Anche se venissero ridotti in secondo grado a 440-490, come molti prevedono, si tratterebbe di una cifra per cui andrebbero trovati adeguati investimenti. Secondo alcuni, Berlusconi potrebbe saldare il conto cedendo al rivale la stessa Mondadori, ma molti pensano che la destinazione finale della somma sarebbe l’acquisto de La 7. A fine maggio il quotidiano economico ItaliaOggi dava la trattativa per ben avviata. Andasse in porto l’operazione, De Benedetti approfitterebbe della legge Gasparri che, varata nel 2004 con aspre critiche dei suoi giornali, permette di possedere giornali e tv: basta non superare il 20% del “SIC”, Sistema Integrato delle Comunicazioni, che comprende stampa quotidiana e periodica, editoria, radio, televisione, cinema, internet, pubblicità (già nel 2004 il gruppo l’Espresso acquistò ReteA, quella che oggi si chiama Deejay Tv).