Sandra Riccio, La Stampa 15/6/2011, 15 giugno 2011
I PAPERONI ITALIANI SEMPRE PIU’ RICCHI
La ricchezza complessiva delle 611mila famiglie «private» italiane - i ricchi, quelli che hanno un patrimonio finanziario da investire di almeno 500mila euro - è aumentata a 896 miliardi di euro nel 2010.
«Una cifra che sarebbe in grado di controbilanciare il debito pubblico italiano detenuto dagli investitori esteri, circa 779 miliardi, e dare liquidità e stabilità al sistema bancario ed imprenditoriale». Così si legge in uno studio dell’Aipb, l’associazione degli operatori del private banking, un network che riunisce i più importanti player italiani del settore. L’incremento sul 2009 (+3,2%) è, peraltro, leggermente inferiore alla media europea, dove la ricchezza «private» è salita del 4,3% per un totale di 9.600 miliardi.
I Paperoni italiani si fidano sempre di più delle strutture di private banking, visto che è anche cresciuta (al 47%) per un totale di 421 miliardi la massa gestita dalle banche specializzate nel risparmio. Nel 2007 la quota non arrivava al 42% della ricchezza private: forse è il segno che nei marosi della crisi qualche risparmiatore s’è fatto del male. Prevalgono le grandi banche commerciali (62,8% delle masse gestite) seguite dalle business unit (15,6%).
L’industria italiana cresce un po’ più della media europea (+6,8% contro il 6,2%) e non tanto per effetto del mercato (cresciuto del 2,3% contro 4,7%), quanto per la raccolta netta (4,5% contro 1,5%). Il patrimonio medio detenuto dalle famiglie più agiate è di 1,4 milioni, con una gamma che va dai 720mila euro medi nella fascia che va da 500mila a 1 milione di euro di patrimonio (414mila famiglie, 68% del totale, pari al 33% della ricchezza private) per salire ai 17 milioni della fascia super-ricchi, ovvero chi deve gestire patrimoni che superano i 10milioni (sono l’1% delle famiglie, pari però al 15% della ricchezza).
Il «private people» preferisce investimenti di medio termine (61% del campione), con un buon livello di sofisticatezza (55%). La clientela italiana privilegia i prodotti di investimento e lascia solo l’11,8% in depositi contro il 24% della media europea. Si conferma l’amore per Bot e Cct: la percentuale di obbligazioni e titoli di stato (48,0%) è più del doppio rispetto agli europei (21%). «Se l’Italia è uscita quasi indenne dalla crisi bancaria è grazie anche alla ricchezza private che continuando a crescere ha contribuito alla sostenibilità del sistema ed alla solidità del paese», sottolinea l’Aipb.
Lo studio evidenzia in effetti come in Italia la ricchezza finanziaria in proporzione al valore delle attività produttive sia relativamente elevato (294%) e significativamente superiore ad altre grandi economie quali Francia (251%) e Germania (235%). Con l’attuale livello di ricchezza finanziaria «l’Italia è in grado di sostenere il debito pubblico al pari di Germania e Francia». Infatti in Italia per ogni euro di ricchezza finanziaria ne corrispondono 0,67 di debito pubblico, esattamente come la Francia e non troppo distante dalla Germania (0,62 euro).