Gianluca Nicoletti, La Stampa 15/6/2011, 15 giugno 2011
È INIZIATA LA FUGA DA FACEBOOK
Nell’ultimo anno c’è stata un’emorragia di 6 milioni di utenti negli Usa e così si parla di crisi di Facebook. Alla fine ci sono sempre 149,4 milioni di persone che si sono iscritte, ma il dato è salito all’attenzione dei media come sintomo di un fatale deperimento del più consistente agglomerato di umani connessi che l’umanità abbia finora conosciuto.
La perdita di affiliati ha contagiato anche il Canada, dove ne sarebbero evaporati 1,6 milioni e, Regno Unito, Norvegia e Confederazione Russa, tutti con cali di nuove iscrizioni pari a 100 mila utenti. A bilanciare la decrescita nei Paesi dove Facebook era maggiormente presente è invece l’incremento generale a livello mondiale (+1.7%), ma proprio perché molti Paesi in via di sviluppo sono ancora nella fase entusiastica e portano linfa vitale al re del social networking.
Per l’Italia invece nessuna flessione di desiderio partecipativo: sembrerebbe al contrario che negli ultimi due anni siano raddoppiati nel nostro Paese gli utenti unici di Facebook (da 11 a 20 milioni) e pure aumentato a livelli di record il tempo medio di p e r m a n e n z a per utente. Con questi dati il presidente dell’Autorità per le comunicazioni, Corrado Calabrò, ha annunciato ieri nella relazione al Parlamento che l’Italia sarebbe, assieme al Brasile, la prima nazione al mondo per la penetrazione dei social media.
Chi frequenta Facebook dall’inizio, in ogni caso, comincia ad avere la percezione di una lieve stagnazione nell’evolversi del sistema in generale. L’amore per Facebook dell’italiano medio è probabilmente stato alimentato dal desiderio di espansione della propria individualità, della necessità di gratificarsi nella multi-relazione o dalla scoperta di poter trasformare macchine da noioso lavoro d’ufficio in strumenti di fuga mentale.
Per queste e altre nostre note debolezze siamo ancora rispetto a Facebook nel periodo della prima discesa nel Paese delle meraviglie, che probabilmente in nazioni digitalmente più evolute è già passata. Il calo di Facebook potrebbe anche essere considerato con un modello usato per valutare l’impatto e il futuro sviluppo di una tecnologia emergente; è la «curva di Gartner», che prende nome dalla società di consulenza nel campo dell’«Information technology».
Stando a quest’analisi, ogni nuova tecnologia passerebbe attraverso varie fasi di affezione degli utenti. Ne analizzano cinque, partendo dall’entusiasmo, a una prima forma di euforica sperimentazione ludica, alla fase critica in cui la tecnologia delude, perché non riesce a soddisfare le aspettative, magari esagerate. Questa sarebbe la fatale terza fase, che sta passando Facebook nei Paesi più tecnicizzati; corrisponderebbe alla saturazione dell’utente che si è attivato per primo, o di quello che non trova più motivazioni concrete, ma nemmeno spunti emotivi sufficienti per dedicarsi al social networking.
Ciò che avverrà nel futuro di Facebook appartiene alle ipotesi, ma, se continuerà a confermare la curva, dovrebbe entrare nella fase della maturità. Quando la tecnologia si stabilizzerà sui bisogni dell’utente, resterà fedele a Facebook chi riuscirà a farne l’uso per lui più utile.